Gianguir, Vienna, van Ghelen, 1724

 SCENA VIII
 
 COSROVIO, JASINGO, capitani e soldati
 
 COSROVIO
 Pena il mio amor. Più non tacermi Alinda.
 JASINGO
 Alinda sta in poter de’ tuoi nemici;
 e se tardi, avrà in loro i suoi tiranni.
 COSROVIO
995Come?
 JASINGO
                 Al sultan già è noto
 esser lei la cagion del tuo rifiuto.
 Gode Asaf, assai spera e tutto ardisce.
 COSROVIO
 Insolente! E in Alinda
 chi sostiene il mio amor contro il suo sdegno?
 JASINGO
1000Se gelosia l’accese...
 COSROVIO
 Mal la scusi. A che ’l nutre? Ella sa pure
 le ripulse; e sa i rischi; e sa la fuga.
 A lei servon quest’armi, a lei quest’ire.
 Qual pro? Tu nuncio almeno
1005fossi a me del suo affetto. Un foglio, un cenno
 bastava. Io son tradito;
 né convincer tu sai le mie querele.
 JASINGO
 (Di dirgli non ho cor ch’ella è infedele).
 Signor... Ma la gran porta
1010d’Agra si schiude. Il re verrà; e rapirti
 cercherà con l’indugio
 il trionfo ora tuo. Gli aiuti attesi
 son giunti. Ivi è terror, rabbia, tumulto.
 Tardando, perder puoi
1015te stesso, Alinda e noi.
 
    Non ti avvilir nel duol, debole amante.
 Movati la tua fama, eroe guerriero.
 
    Voglio che sia tuo voto un bel sembiante;
 ma sia ancor tuo pensier gloria ed impero. (Apertasi la porta della città, n’escono le guardie reali, tolti in mezzo due palanchini, l’uno chiuso e l’altro scoperto, nel quale sta assiso Gianguir. Alquante di esse fermansi in lontano, deponendo quivi il palanchino chiuso. Con l’altro si avanzano gli altri e ne scende il sultano, andando alla volta di Cosrovio, dopo aver parlato in voce sommessa con Jasingo che gli va incontro)