Gianguir, Vienna, van Ghelen, 1724

 SCENA VIII
 
 MAHOBET con seguito di soldati, tutti con ferro in mano, e i suddetti
 
 MAHOBET
 Le vie chiudete ad ogni passo, o fidi.
 ZAMA
 Che fia?
 GIANGUIR
                   Qual nuovo ardir? Tu qui col ferro?
 MAHOBET
 Mi s’insidia la vita.
800Esser tuo non può il cenno. I miei nemici
 sprona furore e del real tuo nome
 si abusano insolenti.
 Vieni tu in mia difesa e li confondi.
 GIANGUIR
 Perfido! È mio comando
805tua morte...
 MAHOBET
                         Esser non puote. Altra tu devi
 mercede a’ miei servigi.
 Seguimi.
 ZAMA
                    Ahimè! Cresce il tumulto e l’armi
 giungono amiche. (Veggonsi in lontano le guardie reali in atto di avanzarsi. Allora volendo anche Gianguir por mano alla sciabla, Mahobet gli afferra il braccio con la sinistra; e alzando con la destra il ganzarro, sta in atto minaccioso di immergerlo nel petto di Gianguir)
 MAHOBET
                                     Alcuno
 non ardisca avanzarsi; o al primo passo,
810questo nel regio petto acciar vedrete
 immerso e poi nel mio.
 ZAMA
 Fermati.
 GIANGUIR
                    Ah! Traditore.
 MAHOBET
 Seguimi; e sia di scudo
 la tua vita a la mia;
815e poi vedrai se traditore io sia. (Gianguir vien condotto via da Mahobet, sempre nella positura di prima, accompagnato dinnanzi e di dietro dalle guardie di esso Mahobet e restando immobili ai lati quelle del sultano)
 GIANGUIR
 Ah! Zama. (Riguardandola in partendo)
 ZAMA
                        Sposo... O dio! (Volendolo seguitare, si ferma alla prima occhiata di Mahobet)
 Più che a salvezza, a rischio
 ti è l’altrui fede; e vano è ’l pianto mio.
 
    Che fate? In difesa (Agitata)
820correte, alme forti,
 del vostro buon re.
 
    Che fate? Fermate.
 Fa orror la pietate.
 Perfidia è la fé.
 
825E tu getta, sospendi,
 volgi altrove quel ferro; e se non hai
 altra vittima degna
 de le tue furie, in questo sen l’avrai.
 
    Gioia e pace avrei da morte,
830se a tuo scampo avessi in sorte
 di morir, mio dolce sposo.
 
    Ma da fato dispietato
 un piacer sì fortunato
 si contende al mio riposo.
 
 Fine dell’atto terzo
 
 Ballo che rappresenta uno sposalizio alla foggia indiana.