Faramondo, Venezia, Nicolini, 1699

 SCENA XVII
 
 GUSTAVO, FARAMONDO, CLOTILDE, ADOLFO, GERNANDO, TEOBALDO
 
 CLOTILDE
 Ed io...
 FARAMONDO
                 Clotilde, il tuo dolor m’ascondi.
 Lieta vivi al tuo amante; e un sì bel nodo
 tu conferma, Gustavo.
 GUSTAVO
                                           Amor, che nacque
1525in me fra l’ire, or da pietade è spento.
 Sia di Adolfo Clotilde; al nodo assento.
 FARAMONDO
 Di Gernando non chiedo
 a te ’l perdon. Né tuo vassallo ei nacque;
 e prigioniero io ’l feci.
 GERNANDO
1530(Mia fortuna crudel, così ti piacque).
 FARAMONDO
 Riconosci, Gernando,
 qual ti serbo il mio cor vicino a morte.
 Libero a’ tuoi ritorna; e se ti offesi
 ne l’amar Rosimonda,
1535d’involontario error perdon ti chiedo.
 GERNANDO
 Faramondo, già sgombra
 dagli occhi miei la cieca notte. Or veggio
 qual amico in te perdo e orror ne sento. (Si cava l’elmo e dà la sua spada a Gustavo)
 FARAMONDO
 Ora il crine de l’elmo, ora del ferro
1540disarmo il fianco; a te lo porgo; ed egli
 quella tinta, che prese iniquo e rio
 del tuo figlio nel sen, perda nel mio.
 GUSTAVO
 Lacrime, non uscite. Ah Faramondo,
 anche amico mi dai tanto dolore?
1545L’epparato funesto
 già ti attende al gran colpo.
 FARAMONDO
                                                    Andiam.
 GUSTAVO
                                                                       Teobaldo,
 sia custodito al mio furor.
 TEOBALDO
                                                 Sicuro,
 crudel, del tuo destino, il mio non curo.
 FARAMONDO
 
    Voi restate e qui godete (A Clotilde e Adolfo)
1550fortunati il vostro amor.
 
    Ch’io do bando a’ miei tormenti,
 del mio bene i dolci accenti
 rimembrando a questo cor.