Gianguir, Venezia, Marciana, autografo

 SCENA ULTIMA
 
 COSROVIO e SEMIRA con guardie e i sopradetti
 
 SEMIRA
 Poco a soffrir ne resta. Estremo male
 questo ha di ben, che è breve.
 Vincer non puossi, Totollerar si deve. (Si avanzano verso il trono. Qui cominci a calar dall’alto e a dilatarsi all’intorno una densa oscura nuvolosa che, in gran globo aggirandosi, venga ad ingombrare tutto il prospetto della scena . A poco a poco dipoi essa dileguandosi, darà luogo alla veduta di luminosa macchina che scende pure dall’alto, rappresentante la reggia del Sole, deità adorata dagl’Indiani, col gran circolo del zodiaco all’intorno e altri simboli di essa deità)
 GIANGUIR
 Alza gli occhi, o rea coppia, e meco iln trono
1450vedi il giudice tuo. Spoglio me stesso
 del mio poter. Tutto il depongo in lei,
 per cui cotanto avesti odio e disprezzo.
 Ella vendicherà figlia e fratello
 e marito e sé stessa; e se mai pena
1455trovar saprà che i vostri falli adegui,
 fin la più atroce sembrerà pietosa.
 SEMIRA
 Qualunque sia, già siam disposti. Morte
 di tutto è ’l fin.
 COSROVIO
                              Sultana,
 dir ben puoi che sia giunto
1460al sommo di sua gloria
 quel genio fortunato, onde hai l’impero
 sul maggior de’ monarchi. Ecco in tua mano
 il destin la sorte di due vite, a dar le leggi
 nate, non a soffrirle. Or puoi col manto
1465ricoprir di giustizia ira e vendetta.
 SEMIRA
 Cosrovio...
 COSROVIO
                       E anch’io potrei
 da un tuoa sentenza a quella
 degli uomini appellarmi e degli dei.
 Ma questa mel divieta
1470sola di me regina. Io soffro e taccio.
 ZAMA
 Se dal vostro e mio re portata al trono,
 non avessi già appreso
 a regnar su me stessa, ostri e tesori invan per gli ostri
 mal mi distinguevi da la turba più vile bassa andrei distinta
 dal più ignobile volgo andrei distinta.
1475Voi per me non nudriste
 che dispregio e livor. Rispetto e stima
 non mi ottenne grandezza.
 Me l’acquisti virtù. Scordo le offese;
 e quanto o opraste iniqui,
1480tu del tuo re, tu del tuo padre in onta,
 vuol quel gran cor ch’io vi rimetta e doni,
 a te, che genuflesso
 scorse vide a’ suoi piedi, e a te, che spinta a l’ire
 fosti dal duol dei già sofferti danni.
1485E accioché al vostro amor nulla più turbi
 le speranze e i riposi,
 l’un de l’altro godete, amanti e sposi. (Scendono i due sultani dal trono)
 SEMIRA
 Da sì eccelsa bontà sorpresi e vinti,
 condanniam quei’ rancori
1490che giusti ne parean. Non l’avria fatto
 la pena e ’l fa il perdono.
 O magnanima donna, o nata al trono.
 COSROVIO
 Io che dirò, gran padre? Io, che, regina?
 Grazia trovar dove attendea gastigo?
1495O clemenza che colma
 me più di orror, voi più di gloria!
 GIANGUIR
                                                               Figlio,
 sii in avvenir più cauto.
 Doma fasto, ira vinci; e ben ti guarda
 da ricader per colpa in nuovi mali.
1500Abbiano in te, Semira,
 più poter le recenti
 che le antiche memorie; e in voi, miei fidi,
 cessi ogni affanno; e qual là su [illeggibile]d scorgeste
 a scure e dense nubi
1505succeder poi di di core, di miglior luce adorno il giorno; adorno,
 de l’India il maggior nume, autor del giorno,
 de l’India il maggior nume, autor del giorno,
 or godete in mirar che spenta alfine
 ogni torbida face
 riede a noi lieto amore e stabil pace.
 COSROVIO
1510Per quai vicende casi a tanto sono vicende a tanto ben siam giunti!
 SEMIRA
 Piacque agli dii nostra costanza e fede.
 MAHOBET
 Quanto di vostra sorte esulto anch’io.
 ASAF
 (Datti omai pace. Altro non puoi, cor mio).
 GIANGUIR
 Con la pompa si onori
1515un così fausto giorno, in cui di tanti
 nemici trionfai.
 TUTTI
 Più bel giorno al Mogol non sorse mai.
 CORO
 
    Per man de la gloria
 nei fasti si scriva
1520la lieta memoria
 di un dì sì beato.
 
    E quei che verranno
 intendan che al regno
 più eccelso monarca più degno
1525dal ciel non fu dato. (Gianguir e Zama vanno a sedere sul trono; e sotto loro pur siedono prima Cosrovio e Semira e poi Mahobet ed Asaf. Scendono intanto dalla macchina i seguaci del Sole, divisi in quattro squadriglie, le quali figurano ne’ loro abiti e movimenti le quattro stagioni dell’anno, e intrecciano fra di loro una danza allegra e bizzarra)
 
 Fine del dramma