Gianguir, Venezia, Marciana, autografo

 SCENA VIII
 
 COSROVIO, JASINGO, capitani e soldati
 
 COSROVIO
 Quando un re dee perir, fa né si avvede
 tutto conosce ma
 COSROVIO
 Pena il mio amor. Più non tacermi Alinda.
 JASINGO
 Alinda sta in poter de’ tuoi nemici;
 e se tardi, avrà in loro i suoi tiranni.
 COSROVIO
985Come?
 JASINGO
                 Al sultan già è noto
 esser lei la cagion del tuo rifiuto.
 Gode Asaf, assai spera e tutto ardisce.
 COSROVIO
 Insolente! E in Alinda
 chi sostiene il mio amor contro il suo sdegno?
 JASINGO
990Se gelosia l’accese...
 COSROVIO
 Mal la scusi. A che ’l nutre? Ella sa pure
 le ripulse; e sa i rischi; e sa la fuga.
 A lei servon quest’armi, a lei quest’ire.
 Qual pro? Tu nuncio almeno a me venisti
 fossi a me del suo affe del suo duolo, del suo affetto. Un foglio, un cenno
 bastava. Io son tradito
995fossi a me del suo duolo affetto. Un foglio, un cenno
 bastava. Io son tradito;
 né convincer tu sai le mie querele.
 JASINGO
 (Di dirgli non ho cor ch’ella è infedele).
 Signor... Ma d’Agra s’apre la gran porta
1000la mag d’Agra si schiude. Il re verrà; e rapirti
 cercherà con l’indugio
 il trionfo ora tuo. Gli aiuti attesi
 son giunti. Ivi è terror, sdegno rabbia, tumulto.
 Tardando, perder puoi
1005te stesso, Alinda e noi.
 
    Non ti avvilir nel duol, debole amante.
 Movati la tua fama, eroe guerriero.
 
    Voglio che sia tuo voto un bel sembiante;
 ma sia ancor tuo pensier gloria ed impero. (Apertasi la porta della città, n’escono le guardie reali, tolti in mezzo due palanchini, l’uno chiuso e l’altro scoperto, nel quale sta assiso Gianguir. Alquante di esse fermansi in lontano, deponendo quivi il palanchino chiuso. Con l’altro si avanzano gli altri e ne scende il sultano, andando alla volta di Cosrovio, dopo aver parlato in voce sommessa con Jasingo che gli va incontro)