Gianguir, Venezia, Marciana, autografo

 SCENA III
 
 ZAMA, e ASAF, col seguito dei rajas indiani, e i suddetti. Gia GIANGUIR al loro arrivo levasi e va loro incontro
 
 GIANGUIR
 Duci, amico, consorte, or torno qual gioioso
 or torno ad esser re.
 ZAMA
                                       Teco io respiro.
 ASAF
 Ma non è questo il tuo real soggiorno.
 MAHOBET
875È il mio, dove da insulto
 custodirlo saprei, più che non fece
 ne la reggia il tuo zelo.
 ZAMA
 Cieca discordia non accresca i mali.
 Già a le mura si appressa
880Cosrovio; ed Agra è in rischio.
 GIANGUIR
 Rischio che è sol tua colpa. (A Mahobet)
 MAHOBET
 E mio ne fia il riparo. Amai nel prence
 un tuo suddito e figlio. In lui rubello,
 odio un nemico. A’ danni suoi quel braccio
885armerò che il sostenne; e andrò tuo duce...
 GIANGUIR
 Lo scettro L’insegna Lo scettro a me del militar comando. (Mahobet inchinandosi parte, seguito da’ due soldati. Gianguir ritorna a sedere)
 ASAF
 A quella man, che in te rivolse il ferro,
 sciolto il reo figlio, il fideresti ancora?
 ZAMA
 Altra più valorosa ove trovarne?
 ASAF
890Valor che giova, ove il perfidia il regge?
 ZAMA
 Può nuova fede esser felice emenda.
 ASAF
 E nuova colpa, irreparabil danno. (Torna Mahobet seguito dai due soldati, l’uno de’ quali tiene in un bacin d’oro il baston militare e l’altro lo stendardo generalizio)
 GIANGUIR
 Ma Jasingo non parla?
 JASINGO
 E che dir posso?
 Sire, te
 JASINGO
 Tu cauto a l’avviso e renda regga il passato
 che chi questo del mal frutto non coglie,
 merita le sciagure, in cui ricade.
 MAHOBET
 Di cento e cento lauri adorne e chiare,
 eccot, sire o signore, le onorate insegne.
 GIANGUIR
895Mahobet, da quel giorno
 che de l’indiche schiere
 primo duce ti elessi, assai tu oprasti;
 e mia beneficenza assai ti rese.
 Ma poiché esser ti piacque,
900più che suddito al padre, amico al figlio,
 vanne, perfido, a lui. Saprà non non lenta
 trovarti al fianco suo la mia giust’ira possa senza giust’ira.
 Va’. Un nemico di più non mi spaventa.
 MAHOBET
 Dar leggi è tuo, mio l’ubbidir. Ma troppo Mi è lieve
 credi al tuo sdegno e troppo a’ miei nemici
905perder grado e favor mi è lieve. Invano senza mia colpa.
 Bastami la mia gloria. Ira né torto
 non m’indurrà vilmente ad opra indegna;
 e serberommi ne l’avversa sorte,
 qual già fui ne l’amica, eccelso e forte.
 
910   Non mi duol de’ torti miei
 né fo voti agli alti dei
 che mi [illeggibile] vendichin col pianto
 de la patria e del mio re.
 
    Duolmi sol lasciarti a canto
915chi sol vanta audacia e orgoglio,
 in sostegno del tuo soglio
 e in trofeo de la mi sua fé.