Euristeo, Venezia, Pasquali, 1744

 SCENA X
 
 ORMONTE
 
 ORMONTE
 «Non meno un vil che un traditor tu sei».
 Così, ingiusta Aglatida?
 «Io il regno a te, tu a me dovrai la vita».
770Così, ingrato Cisseo? Di chi dolermi
 più debbo? O padre! O figlia!
 Quai son le colpe mie? Re sconoscente,
 tu le fingi a tuo grado
 ne’ benefizi miei. Chi serve e a farsi
775giunge un re debitor, sel fa nimico.
 Ma qual discolpa avranno
 i tuoi sdegni, Aglatida?
 Ah, non altra, o crudel, che il mio destino.
 Miseria seguon sempre odio e disprezzo.
780Avessi almen con libertà sincera
 raddolcita la piaga
 e scusato il tuo cor con quel del padre.
 Sofferto avrei da te con qualche pace
 il titolo di vile;
785ma quel di traditore
 sul labbro tuo troppo mi passa il core.
 
    Odiami amante,
 sprezzami vile;
 ma credimi fedel.
 
790   Io te tradir potrei?
 Se il temi, ingiusta sei,
 se il fingi, empia e crudel.
 
 Il fine dell’atto secondo