Euristeo, Venezia, Marciana, autografo

 SCENA PRIMA
 
 AGLATIDA ed ISMENE
 
 AGLATIDA
 Perdi tempo e ragion.
 ISMENE
                                           Sovra un’accusa,
 cui rabbia e gelosia danno fomento,
820condannar tanta fede?
 AGLATIDA
 Qual fede? Erginda l’ebbe. Io n’ho le prove;
 e ’l fare un infedel non è mia gloria.
 ISMENE
 Pensaci. Tuo malgrado,
 verrà meno quell’ira.
825Succederà rimorso;
 e amor si ascolterà ma forse tardi.
 AGLATIDA
 Non divampa più ardor, di cui non resta
 che una cenere spenta.
 ISMENE
 Questo dunque abbandoni
830cielo per sempre il desolato Ormonte.
 AGLATIDA
 E si sperda con lui la sua memoria.
 ISMENE
 E tu lieta t’appresta
 a migliore imeneo. Già n’odo i canti.
 AGLATIDA
 Tu mi tormenti, Ismene.
 ISMENE
835Sei l’ultima a saperlo? Ormonte appena
 posto avrà fuor di Edessa il piè ramingo
 che al tuo talamo Glaucia...
 AGLATIDA
                                                   Aimè! Qual novo
 torrente di sciagure! A Glaucia io sposa,
 cui più di [illeggibile] di morte abborro?
 ISMENE
                                                                            E più d’Ormonte?
 AGLATIDA
840O crudel, se m’inganni! O più crudele,
 se mi manchi d’aita!
 ISMENE
 Nel fido amante il difensore avresti.
 AGLATIDA
 Vorrei... Ma... Senti, Ismene.
 Né dover né ragion vuol ch’io ’l rivegga,
845sinché ’l trovo infedel. Tu l’innocenza
 n’esamina e la colpa. Odi qual parli
 d’Erginda e d’Aglatida. A lui nel volto
 il pallore, il rossor, tutti de l’alma
 i movimenti osserva. A me poi riedi.
850Alor risolverò.
 ISMENE
                             Cedesti alfine.
 parte del mio rigor Men fiera io ti credea.
 AGLATIDA
                                                                              Ma s’altre rechi
 prove de’ suoi spergiuri,
 tacimi lui; tacimi Glaucia ancora.
 Parlami sol di morte. Io l’avrò tosto
855dal duol del ben perduto
 e dal timor del mal vicino oppressa.
 ISMENE
 (Quanto fec’io per tormentar me stessa!)
 AGLATIDA
 
    O [illeggibile] quanto è facile
 ne la catena
860d’amor languir!
 Ma che gran pena
 poterne uscir!
 
    Si scuote il laccio;
 ma non si spezza;
865e amor si vendica
 con più fierezza
 del vano ardir.