Andromaca, Venezia, Pasquali, 1744

 SCENA V
 
 PIRRO
 
 PIRRO
 Che fo? Qual laccio deggio
 sciorre? Quale annodar? Lasciar colei,
1335mia lunga spene e mio vicino acquisto,
 per poi sposar la dispettosa Ermione?
 No, ripugna l’amor, gloria dissente.
 Oreste, Ermione, Ulisse
 diran: «Noi Pirro alfine
1340abbiam fatto tremar, l’abbiam costretto.
 Per Briseida così non fece Achille».
 Perfidi! Non avrete
 questo trionfo. Sposerò... Ma, oh nozze
 lugubri e quali Ermione
1345le vorrebbe ed Ulisse!
 Qual cor del mio fu più stracciato? In cento
 pensier mi aggiro e resto e torno e parto,
 veggo Andromaca esangue... Ah, questo, questo
 vincerà alfine. Andiamo, o Pirro, e s’anche,
1350perdendo il caro oggetto,
 ne freme amor, rispondi: «In sì ria sorte,
 se nol cede virtù, mel toglie morte».
 
    Anche il giorno abborrirei,
 in mirar que’ lumi spenti
1355che sì bei formar le stelle.
 
    E se ben di sdegno ardenti,
 pregio sempre è di mia fede
 dir che amai luci sì belle.