Andromaca, Venezia, Pasquali, 1744

 SCENA IV
 
 ELENO e PIRRO
 
 ELENO
 Oh generosa, oh misera regina!
 PIRRO
 Eleno, a’ miei contenti
1270volea opporsi fortuna. Il fiero Oreste,
 da Ermione spinto, esser dovea nel tempio
 l’omicida di Pirro.
 Me ignaro, e ben tel dissi,
 ordir non si potean trame in mio danno.
1275Son disposti i ripari. A lui l’ardire
 verrà meno o la forza. Avrei su entrambi
 ragion; ma in quella il sesso
 rispetto, in questo il padre. Assai d’Ermione
 mi vendica il suo sprezzo, assai d’Oreste
1280il disonor dell’assassinio enorme.
 Non si funesti il dì delle mie nozze
 con l’altrui sangue. Andiamo.
 ELENO
 Ah, non fur mai nozze più infauste, o sire.
 PIRRO
 Temi per Astianatte? Ulisse è padre
1285e sa chi è Pirro. Andiamo.
 ELENO
 Né mai sparse fur l’are
 di sangue più innocente.
 PIRRO
 Non intendo. Che parli?
 Andromaca m’inganna? O vuol tradirmi?
 ELENO
1290No, signor. Fino a morte
 l’avrai fida e consorte.
 Ma... Il dirò pur, che dirlo
 deggio, onde tua virtù le sia in soccorso;
 ma la sua morte vedovo e dolente
1295ti lascerà all’altar. Sarà a sé stessa
 vittima e sacerdote. Altro consiglio
 non vuole e le due estreme
 voci per lei saranno Ettore e il figlio.
 PIRRO
 Oh fulmine che abbatte ogni mia spene!
1300Oh a me ingrata! Oh a te iniqua
 Andromaca! E fia ver? Torle di mano
 saprò quel ferro e del morir la via.
 ELENO
 Una non basta, tutte
 non puoi, che a chi vuol morte
1305tutto impedir si può, fuor che la morte.
 PIRRO
 Che farò?
 ELENO
                     T’apre il cielo
 con che oscurar le tue, con che d’Achille
 le glorie andate. È tempo, o re, d’un grande
 atto che illustri tua memoria e vita.
1310Mille rischi d’intorno
 stanno al tuo amor. Cader d’Ulisse il ferro
 può su Astianatte, il tuo
 sopra il figlio d’Ulisse. Oreste è armato
 dal comando d’Ermione.
1315Ermione, dopo lui, la Grecia tutta
 metterà in armi. Vinto o vincitore,
 il tuo Epiro arderà di civil guerra.
 Tanto avverrà, s’anche il tuo amor fia lieto.
 Ma Andromaca nol vuole. A me vederla
1320par nel suo sangue involta, in braccio a Pirro
 cader. Qual per te allor pena e rimorso!
 Ne taccio il più; ciò che far dei pur taccio.
 Meglio il dirà la tua grand’alma; o meglio
 l’udrai dal divo Apollo, onde fui spinto
1325a parlarti così. Vuoi? Core e hai vinto.
 
    A grand’alma per vincer amore
 sol basta voler;
 e ragione reprime i sospiri.
 
    Se all’arbitrio, ch’è dono del cielo,
1330mancasse il poter,
 non sarebbe che aggravio del core
 e vil servo di sciocchi desiri.