Andromaca, Venezia, Pasquali, 1744

 SCENA III
 
 ANDROMACA e poi ELENO
 
 ANDROMACA
 Quanto mal dell’interno
 si giudica dal volto. Ombra del grande
 Ettore mio, non ti turbar. Dell’opra
1220maturi il fine e sta’ nel tuo riposo.
 ELENO
 La fortunata Andromaca non sdegni
 ch’Eleno l’infelice,
 pria ch’ella scioglia a miglior cielo e lido,
 l’ultimo addio ne prenda.
 ANDROMACA
1225Qual linguaggio è cotesto? E quale addio?
 ELENO
 Sinché fra le sciagure a te mia fede
 esser util poté, prove ne avesti.
 Grazie agli dii. Cessan tuoi mali. Un altro
 padre avrà il figlio tuo. Tu un altro regno.
 ANDROMACA
1230Sì, un altro regno e un’altra vita ancora,
 se tal chiami il sepolcro.
 ELENO
 Deh, che parli di morte?
 ANDROMACA
 Odimi. A tua amistade,
 qual nella lieta feci e nell’avversa
1235fortuna, apro il mio core.
 ELENO
 Già il funesto del volto assai mi dice.
 ANDROMACA
 E credi tu che io voglia
 quello sposo tradir, per cui sol vissi?
 T’inganni. In faccia a’ numi
1240io giurerò d’esser consorte a Pirro.
 Ei giurerà d’esser sostegno al figlio.
 E lo sarà. Feroce ma sincero,
 non mi lascia morir con un ingiusto
 timor della sua fede.
 ELENO
1245E pur ritorni a ragionar di morte?
 ANDROMACA
 Non sì tosto a lui data avrò la destra
 che questa destra istessa, (Traendosi di seno uno stile)
 con l’acciar che tu vedi,
 troncherà di mia vita i brevi giorni
1250e forte adempierà la mia virtude
 ciò ch’esige da lei
 Andromaca, Astianatte, Ettore e Pirro.
 ELENO
 Oh mal peggior del già temuto! Eh, lascia...
 ANDROMACA
 No. Tutto è vano. Ho stabilito; e s’ora
1255in te posso sperar pietà d’amico,
 due prieghi a te ne porgo: il far che Pirro,
 memore di sua fede, ami il mio figlio
 e che il mio figlio qual suo re l’onori.
 Ei non pensi a vendette, a Priamo, a Troia.
1260Saggio sia più che forte;
 ed a’ suoi genitori
 abbia egual la virtù, miglior la sorte.
 
    Lascio un amico in te;
 un difensor nel re lascio al mio figlio.
1265Candida intatta fé reco al mio sposo.
 
    Finisco di soffrir.
 Questo non è morir, per me è riposo.