Andromaca, Venezia, Pasquali, 1744

 SCENA III
 
 EUMEO, TELEMACO, ASTIANATTE e i suddetti
 
 EUMEO
 Egli è tempo che tremi,
950Andromaca, il tuo orgoglio. Ecco all’arcano
 squarciato il velo e il mal negato figlio.
 ANDROMACA
 Chi ’l nega? Tu lo vedi e il vede Ulisse;
 ma il conosce la madre.
 EUMEO
 Faccianne prova omai. Piangi tua sorte.
955Questi d’Ulisse sia, quegli di morte. (Preso per la sinistra Telemaco, lo presenta ad Ulisse e con la destra addita Astianatte ad Andromaca)
 ANDROMACA
 (Con qual arte, onde il seppe?)
 ULISSE
                                                           (Osservo e ascolto).
 EUMEO
 Di’, ben m’apposi al ver?
 ANDROMACA
                                                Viscere mie, (Ad Astianatte)
 che non feci per tema
 di perderti? Ah, ti perdo e nulla feci!
960Vieni. (Prendendo il fazzoletto)
 ASTIANATTE
                In me ben sentia d’Ettore il sangue.
 ANDROMACA
 Prendi gli amplessi; prendi i pianti miei. (Mostra di piangere)
 Ma condannato a morte, (Voltandosi verso Telemaco e sorridendo)
 a te pur, figlio mio, così direi.
 ULISSE
 A pianto femminil creda chi vuole.
 EUMEO
965Signor, l’ultimo sforzo
 dell’industria materna è quel sorriso.
 Credilo. Eumeo non sa ingannarti. È questi
 Telemaco. In quel petto
 la provvida natura impresse il segno
970che né mentir me lascia
 né te più dubitar. Toglie i sospetti
 quel picciol astro, ond’egli
 portò in nascendo il manco lato adorno.
 Io, che bambino...
 ULISSE
                                    È ver, non più; la cara
975Penelope sovente
 men facea pompa. Oh sospirato figlio!
 TELEMACO
 Padre anch’io ti dirò, se quel mi serbi,
 con cui i teneri vissi anni innocenti.
 ULISSE
 Andromaca, che fai? L’accorto ingegno
980dov’è? Dove il gran cor? Misera! Un breve
 tempo ti resta. Il tuo Astianatte abbraccia.
 EUMEO
 Meco egli poi quelle ruine ascenda
 che in ogni sasso un qualche
 suo membro avranno.
 TELEMACO
                                           (Oimè, per lui qual morte!)
 ANDROMACA
985Numi avversi, vinceste. Esulta, Ulisse.
 Sì. Telemaco è quegli;
 quegli è tuo figlio. Io l’educai qual madre.
 Vedilo. Ei porterà sol per mia cura
 d’Itaca a’ patri scogli
990quelle virtù che ignote
 sono al tuo sangue e alla tua Grecia. In lui
 ho formato un eroe. Tempo è che alfine
 io n’abbia il guiderdon. L’avrò. Ma quale?
 Te, mio Astianatte, in quelle pietre infranto.
995Altra sperar non posso
 mercé dal greco Ulisse.
 ULISSE
 A pietà m’indurria l’iliaca donna;
 ma, se il fiero garzon restasse in vita,
 che ne dirian le argive madri? A questo
1000sol venni; e nulla posso. Ei morir deve.
 TELEMACO
 (Segua il peggio che vuol; farò ch’ei viva). (Parte non osservato e frettoloso)
 ANDROMACA
 Grecia teme un garzon? Troia sì poco
 giace? Ad Ettore istesso
 farien l’alma smarrir tante ruine.
 EUMEO
1005Tronca gl’indugi. Ogni momento parmi (Ad Ulisse)
 che la tolga al gastigo,
 dovuto al lungo duol, che per cotesto
 tuo figlio ella ne fe’... Ma qui non veggo
 Telemaco.
 ULISSE
                      Ah, lo segui!
1010Temo il suo amor.
 EUMEO
                                    Tu resta; e ad Astianatte
 sollecita il suo fato.