Andromaca, Venezia, Pasquali, 1744

 SCENA V
 
 ELENO e ANDROMACA
 
 ELENO
 Molto, Andromaca, speri.
 ANDROMACA
 Eleno, or ti sovvenga
 che tu e Cassandra, entrambi
510pieni del divo Apollo il petto e l’alma,
 presagiste che morte
 sovrastava da Ulisse al mio Astianatte.
 ELENO
 E che a lui sol potea dal colpo estremo
 Telemaco esser scudo.
 ANDROMACA
                                           Oh ben temuti
515presagi! Io rapir feci
 in Itaca il fanciullo. Ecco vicino
 il periglio e il riparo. Ulisse tremi.
 ELENO
 Intendo. È tuo pensier che in sen del figlio,
 non conosciuto, incrudelendo il padre,
520diventi tua salute il suo delitto.
 ANDROMACA
 Guardimi il ciel. Qui non è Grecia; ed io
 esser misera posso,
 empia non mai. Confonderò d’Ulisse
 l’odio, onde incerto tra il suo figlio e il mio,
525né l’un sappia abbracciar né ferir l’altro
 e tra rabbia ed amor peni e deliri.
 ELENO
 Ingegnosa pietà! Ma pur ti giovi
 celar la bella coppia e dirla estinta.
 ANDROMACA
 Mel crederà? Troppo è sagace. Il tempio
530non è sicuro asilo e non rimane
 di sì vasta città tanto che basti
 a occultar due fanciulli.
 ELENO
                                             Intatta ancora
 sta d’Ettore la tomba.
 ANDROMACA
 Ah, che un freddo sudor mi va per l’ossa.
535Temo l’augurio del feral soggiorno.
 ELENO
 Altro n’hai o migliore?
 L’addita. Occupi il misero i presidi.
 Il felice gli scelga.
 ANDROMACA
 Cedo. Entrambi raccolga il sacro avello;
540e d’Ettore, con cui
 e stette Troia e cadde, alle profane
 mani anche l’ombra formidabil sia.
 ELENO
 L’incarco a me. Te amor tradir potria.
 
    Sgombra il timor.
545Più che non pensi, ho in cor
 fede e dover per te.
 
    Taccio e più dir vorrei;
 ma forse offenderei
 il debito e la fé.