Andromaca, Vienna, van Ghelen, 1724

 SCENA II
 
 ULISSE e poi ANDROMACA
 
 ULISSE
 Spesso travede e facili si finge
 le fortune il disio. Ma ’l grande arcano
910meglio forse a costei trarran dal seno
 scorte lusinghe.
 ANDROMACA
                                A me che chiede Ulisse?
 ULISSE
 Eh! Non d’Ulisse il cenno,
 smania, affetto, timor qui trae la madre.
 ANDROMACA
 O ’l piacer che ho in mirarti
915quel turbamento in fronte.
 ULISSE
 Senti, Andromaca. Usarti
 voglio pietà. Mostrami il figlio mio,
 pria che altronde il conosca; e ’l tuo ti rendo.
 ANDROMACA
 Temo Ulisse e i suoi doni.
 ULISSE
920Ti pentirai di non aver creduto.
 ANDROMACA
 E se parlo, avrò fede? Io, che cotanto
 già t’ingannai, posso ingannarti ancora.
 ULISSE
 Non importa. L’inganno
 mi trarrà d’incertezza. Ambo in tal guisa
925almeno avremo un figlio.
 ANDROMACA
 Nel men nemico il cerca o nel men forte.
 ULISSE
 Odian del pari Ulisse e minacciati
 ambo ridon di morte.
 ANDROMACA
                                          Or vedi, Ulisse,
 ciò ch’io feci per te. Cotesto figlio,
930che conoscer non puoi, d’esserlo ha sdegno,
 perché ha troppa virtù. Chi l’ha nudrito
 sradicò da quel core
 i semi de la nascita. Gli apprese
 a non esser mendace,
935diffidente, crudel. Tutto gli fece
 disimparare il padre e degno il rese
 d’esser d’Ettore figlio o di parerlo.
 ULISSE
 Dei nuovi oltraggi, o donna,
 ben mi vendicherò nel tuo Astianatte.
 ANDROMACA
940Riconoscilo prima e poi minaccia.
 ULISSE
 
    Quando al figlio tuo vedrai
 sovrastar ruina e morte,
 che dirai?
 
 ANDROMACA
 
 Il dolor mi ucciderà.
 
945   Ma se poi tu scorgerai
 te deluso e me più forte,
 che farai?
 
 ULISSE
 
 Il rossor mi opprimerà.