Andromaca, Vienna, van Ghelen, 1724

 SCENA II
 
 PIRRO e ORESTE
 
 PIRRO
 Ermione parte; e sta turbato Oreste?
 ORESTE
 Signor...
 PIRRO
                   Che a me sia noto
 ciò che sanno Argo e Sparta, a te non dolga.
 ORESTE
620E che?
 PIRRO
                Fin da’ prim’anni avvinse i vostri
 cori scambievol laccio. Io lo rispetto
 e seguo quel destin che mi rapisce,
 per lasciar più contenti i vostri affetti.
 ORESTE
 Quei d’Ermione contenti? Ella vuol Pirro.
 PIRRO
625Eh! Non dar fede al suo furor. Vedresti,
 sol ch’io piegassi a lusingarla, amore
 disperarsi, languir, pianger, pentirsi
 e in faccia a’ numi sospirar l’amante.
 ORESTE
 Tutto esser può; ma lei, più ch’altro, or punge
630l’ignominia del torto. E madri e nuore
 vergine in Grecia mostreranla a dito,
 donde partì già sposa.
 PIRRO
                                           E vi ritorni
 sposa ma tua. Le stesse
 tede per due imenei splendan felici.
635Recale il lieto avviso.
 Placa quell’ire. Avranno
 sul tuo labbro i miei doni
 grazia e poter. Sposi vi attendo al tempio.
 ORESTE
 Libero parlerò. Non se ’l tuo Epiro
640mi offrissi e ancor più regni,
 mi faresti, o gran re, dono più grato
 di quel d’Ermione. Ma perdona. Puoi
 torla ad Oreste, non donarla. Resa
 da te a sé stessa, sola
645può dispor di sé stessa. Io l’amo e pendo
 dal suo voler. S’ella consente, al tempio
 vengo ed accetto il dono;
 se si oppone, il mio amore
 serve al suo sdegno e tuo nemico io sono.
 
650   Vivo col core
 de la mia bella.
 Ardo al suo sdegno.
 Peno al suo amore;
 e seguo il corso
655del suo voler.
 
    Non ho altra guida,
 non altra stella;
 e in servir fida,
 sta di quest’alma
660tutto il piacer.