Nitocri, Venezia, Pasquali, 1744

 SCENA XI
 
 MANETE e RATESE
 
 MANETE
1420Qui l’attendi e da oltraggio
 ti assicura, o signor, la regal fede.
 RATESE
 E senza lei di che temer Ratese?
 Il popolo è per me. Poche difese
 rimangono alla reggia; e de’ custodi,
1425altri è vinto dall’oro, altri atterrito
 dal rischio. Un sol mio cenno
 si attende.
 MANETE
                       Ah! Lungi stien l’ire perverse.
 RATESE
 Or l’altera e mi tema e mi gradisca.
 MANETE
 Ti gradirà, se generoso alfine
1430darai vita a Mirteo, calma all’Egitto.
 RATESE
 Pusillanimo cor, sì indegni sensi
 scaccia. Voglio vendetta e voglio regno.
 MANETE
 Sovente...
 RATESE
                     Oh quanto m’hai stordito e stanco!
 MANETE
 Almen...
 RATESE
                   Più non ti ascolto.
 MANETE
1435Vedimi a’ piedi tuoi. Tu in farmi sposo (S’inginocchia)
 alla cara tua figlia,
 me qual figlio abbracciasti; io te qual padre
 presi ad amar. Tu corri
 a perderti. Io lo so. Stan le ruine
1440dove sogni grandezze. Il ciel, che è giusto,
 ti ha sofferto all’emenda o riserbato,
 se imperversi, al gastigo.
 RATESE
 Faccia il ciel ciò che puote;
 io farò ciò che deggio. E tu lontano
1445vanne dagli occhi miei. (Rispingendolo da sé)
 Del mio amor, del mio sangue indegno sei.
 MANETE
 Piansi. Pregai. Vuoi tu perir? Perisci. (Levandosi)
 (A qual dover son io costretto, o dei?)