Nitocri, Venezia, Pasquali, 1744

 SCENA PRIMA
 
 MANETE e RATESE
 
 MANETE
 Signor, dove ti trae l’alma feroce?
 RATESE
 A regnar, o Manete, o a vendicarmi.
 Menfi in tumulto, all’ombra di Amenofi
 grida estinto Mirteo. Freme per onta
1145di un amor, che l’assolve,
 e il giudizio sostien. La reggia è cinta
 e al fier nimico mio chiuso ogni scampo.
 MANETE
 Sinché vuoi la sua morte, abbian tuoi sdegni,
 se non lode, discolpa.
1150Ma volger in Nitocri
 l’armi e il furor?
 RATESE
                                 Nitocri,
 col difender Mirteo, sé stessa offende.
 MANETE
 Ella il trova innocente.
 RATESE
 Tal lo finge il suo amor. S’altra in lui colpa
1155non fosse, ha quella del tentato assalto
 e l’odio di Ratese.
 I satrapi alla scure
 l’han condannato e si fa ingiuria a tutti
 con assolver un solo. Or tu, se tanto
1160vil pietà per colei t’occupa e stringe,
 vanne, dille il suo rischio; e non si ostini
 a favor di un indegno.
 MANETE
 Io darle il reo consiglio? A lei tu stesso...
 RATESE
 No. La vegga Ratese, allor che possa
1165o piacere o temersi.
 Nel grand’atrio ti attendo;
 e l’ire affreno; e s’ella ancor si abusa
 di questo di pietade atto e d’amore,
 ripiglierà dal breve
1170riposo armi più forti il mio furore.
 
    Serpe mai posar vedesti,
 sul meriggio, in sé rivolta,
 qual si scuota e qual si desti?
 A lei pure in quel riposo
1175crebbe in sen la rabbia e il tosco.
 
    Spiega al lume il gran volume;
 con tre lingue il capo vibra;
 e il contorce e in alto il libra;
 fischia e fansi a lei d’intorno
1180l’erba arsiccia e l’aer fosco.