Nitocri, Venezia, Pasquali, 1744

 SCENA XIV
 
 NITOCRI, MICERINO e poi MIRTEO
 
 NITOCRI
 Il seggio a me. (Ad una delle sue guardie)
 MICERINO
                               Con le sue furie ei parta. (Entra Mirteo e Micerino gli va incontro)
990Vieni, o Mirteo. Confondi i tuoi nemici.
 Difendi la tua vita e la tua fama. (Si avanza verso Nitocri, la quale, postasi a sedere, non mai lo riguarda)
 MIRTEO
 Se a’ miei fieri nemici
 fosse stato in pensier solo assalirmi
 in quella parte, che è caduca e frale,
995sì misero è lo stato, in cui mi trovo,
 che a mio gran bene ascriverei la morte.
 Ma rivolti a ferirmi
 nella vita miglior, che è la mia gloria,
 son costretto a cercar riparo all’onta
1000e a non lasciar vilmente
 un sì indegno trionfo al lor furore.
 Due mi si oppongon gravi orridi eccessi,
 tradimento, assassinio.
 L’un con l’altro sostiensi. Io l’un con l’altro
1005distruggerò. Me tua giustizia ascolti.
 A lei parlo, o regina; a lei, che tutta
 fa la felicità del tuo gran regno,
 fido la mia speranza e il mio sostegno.
 NITOCRI
 (Oh! Fosser l’opre al dir conformi!)
 MIRTEO
                                                                  Ucciso
1010fu in Menfi e nel suo letto il tuo germano.
 Chi lui tra l’ombre di sua mano uccise,
 te poc’anzi dovea, lo accusa il foglio,
 assalir nella reggia. Altri non venne.
 Io sol mossi gli assalti.
 NITOCRI
                                           E fosti l’empio.
 MIRTEO
1015Qual potea uscir da questa destra il colpo,
 me allor lontano e di Cirene e Barce
 inteso a debellar l’armi ribelle?
 Quella del vasto Egitto ultima parte
 forse a Menfi confina? O lasciai forse
1020le schiere in abbandono?
 MICERINO
 Io seco era nel campo; e render posso
 ragione alla sua fede e a’ suoi trionfi.
 MIRTEO
 Apri gli occhi, o regina.
 Al fianco del buon re, fra’ suoi più cari,
1025stavasi il suo omicida. A me sul trono
 non dà un regio natal dritti o pretesti.
 NITOCRI
 Potea darli l’amor.
 MIRTEO
                                     Siimi più giusta.
 L’infelice amor mio, dimmi, qual fece
 ingiuria alla mia fede? A te dal campo
1030volai, morto Amenofi; e l’armi avverse,
 che volean farti guerra
 col nome di Emirena,
 io combattei, vinsi, dispersi. Tanto
 fu del mio amore il mio dover più forte.
 NITOCRI
1035Ma poc’anzi ti armasti, empio, in mia morte. (Volgendosi verso lui)
 MICERINO
 In tua morte? Or si parli. Un falso grido,
 ch’abbia per tuo comando
 Emirena a cader sotto una scure,
 sveglia furie in Mirteo. S’arma in difesa
1040dell’amor suo. Tenta notturni assalti.
 Io gli mostro il suo error. Cadongli tosto
 l’ire dal cor, l’armi dal braccio...
 NITOCRI
                                                            Iniquo! (Verso Mirteo)
 Se il grido non mentia, svenato avresti
 di Emirena all’amor la tua regina?
 MIRTEO
1045Tolgalo il ciel. Bastava
 preservarla all’amante.
 Poi recando al tuo piè l’umil vassallo
 il suo ferro, il suo capo,
 chiesta pena ti avria di un sì bel fallo.
 NITOCRI
1050(O felice Emirena!) (Mirteo volgendosi vede la sentenza sul tavolino e prendendola ritorna verso Nitocri)
 MIRTEO
 Queste sono, o regina,
 le colpe mie, non quelle
 che su questo dettò foglio perverso
 rabbia e livor. Tu in mia condanna omai
1055v’imprimi il regal nome. All’onor diedi,
 e non al viver mio, le mie difese.
 Cangia solo al decreto
 la cagion, non la pena. Io morir voglio. (Nitocri levasi d’improvviso dalla sua seggia e, strappando di mano a Mirteo la sentenza, la fa in più pezzi)
 NITOCRI
 Non più, lacero vada un sì reo foglio.
1060Vivrai, caro Mirteo. Veggo il mio torto.
 Ne ho rossor. Da me avrai...
 MIRTEO
                                                     Nulla, o regina,
 nulla più che il morir. Mi è stato tolto
 quanto avea di più caro, ogni mia spene,
 ogni mia ricompensa, ogni mio bene.
1065Fellone al trono tuo morir non volli;
 e misero al mio mal viver non voglio.
 Che se pur ti dorrà, quando quest’alma
 dal suo carcer mortal faccia partita,
 più ti dorria, s’io rimanessi in vita.
 
1070   Non vedresti in questo core
 che disprezzo, odio, furore,
 duol di vita, amor di morte.
 
    Dalla piena del dolore
 son le brame e le speranze
1075tutte oppresse e tutte assorte.