Nitocri, Venezia, Pasquali, 1744

 SCENA XIII
 
 RATESE, NITOCRI e MICERINO
 
 RATESE
 Ecco, o donna real, degna d’impero, (Tiene in mano il decreto)
 la più retta sentenza
 che mai sortisse, a gran terror degli empi,
 da quelle leggi, a cui sei mente e braccio.
925La gravezza de’ falli,
 la dignità del reo, l’onor del regno,
 la gloria tua tanto esigean dal nostro
 zelo e dover. Complici, accuse e prove
 si confrontar. Nulla di oscuro o incerto
930restò. Tratto al giudizio, il reo si tacque
 e col silenzio confessò i misfatti.
 I giudici uniformi
 dolenti il condannar. Questo è il decreto.
 Tu il soscrivi, o regina. Io qui l’attendo.
935La plebe impaziente oggi confida
 veder sotto la scure
 cader quel traditor, quel parricida. (Lo dà alla regina)
 NITOCRI
 Lodo il zelo, o Ratese, e lodo l’opra.
 Ben le parti adempiste a voi commesse.
940A me restan le mie. Vattene. In breve
 saprai del voler mio l’ultima legge. (La quale lo depone sul tavolino)
 RATESE
 Ogn’indugio alla pena
 è una grazia alla colpa. Il fratricida
 non merita né meno
945una breve pietà. Scrivi. Il tuo regno
 da te quest’atto di giustizia attende.
 NITOCRI
 Giustizia non si offende
 nella traccia del ver. Quel che si dona
 tempo a librar le accuse,
950a chi giudica, è pace
 e non grazia a chi è reo.
 MICERINO
                                              Saggia ragiona.
 RATESE
 Già data è la sentenza.
 NITOCRI
 Ei colpevol si niega e a me si appella.
 RATESE
 Chi colpevol fia mai, se negar basti?
 MICERINO
955E se basti accusar, chi fia innocente?
 RATESE
 E tu l’udrai?
 NITOCRI
                          Sì, che giustizia il guardo
 tien chiuso e non l’udito.
 RATESE
 Difese avea? Perché tacerle a noi?
 MICERINO
 Perché, dove a innocenza
960il giudice è sospetto, ella ammutisce.
 RATESE
 Il re sceglie a custodia
 delle leggi i migliori e in lor riposa.
 MICERINO
 Ma se giungono a lui strida e querele,
 scuotasi, orecchio porga, annulli, approvi;
965e a norma di equità, sia re di tutti.
 RATESE
 Giurasti...
 NITOCRI
                      E vo’ punir ma il delinquente.
 RATESE
 L’arbitrio del perdono a te togliesti.
 MICERINO
 Troppo zelo è furor. Chi in te lo accende?
 NITOCRI
 E chi por meta al mio poter pretende?
970Vanne. So il mio dover. Mirteo si ascolti.
 RATESE
 Si assolva ancor. Ma sai
 ciò che il popol dirà? Ch’ei si lusinga
 di sedurti a pietà, che il suo buon genio
 ti predomina e regge;
975più dirà ancor. Che non han freno o legge
 le pubbliche censure. Il tuo buon nome
 fu sprone al zelo e non furor. Ratese
 sol non fu a giudicar; né a me s’aspetta
 dell’estinto Amenofi il far vendetta.
 
980   La farà quell’ombra misera
 che dall’urna: «Il sangue» grida
 «chieggo a te del mio omicida».
 
    La farà l’egizio popolo
 che fremendo: «Il capo» grida
985«dammi tu di un parricida».
 
    La farà la fiera Nemesi
 che sdegnosa: «Estinto» grida
 «sia per te quel fratricida».