Nitocri, Venezia, Pasquali, 1744

 SCENA XI
 
 NITOCRI e IMOFI
 
 NITOCRI
 De’ satrapi all’aspetto
 recò discolpe? Sua ragion sostenne?
 IMOFI
 Quercia al soffio degli Euri,
 rupe all’urto dell’onde
865più crolla e più si scuote.
 Non guardò. Non rispose. Udì sua morte
 senza furor, senza spavento; e in alta
 voce allor protestò che di Mirteo
 sol giudice è Nitocri.
870Dirlo e uscir fu un sol punto. In sua prigione
 stassi or tranquillo e te di sua innocenza
 e te di sua perfidia arbitra implora.
 NITOCRI
 Me un fratricida? Ei non mi vegga e mora.
 IMOFI
 E se fosse innocente?
 NITOCRI
875Al pubblico giudizio egli il sostenga.
 IMOFI
 Tu siedi alla custodia delle leggi.
 NITOCRI
 E con le leggi mie giudican gli altri.
 IMOFI
 Forse in quegli v’ha inganno. Egli a te vuole..,
 NITOCRI
 Imofi, ah! che il mio sdegno a quell’iniquo
880sembra un facil trofeo. Sa qual potere
 tenne in quest’alma e se ne affida ancora.
 Perfido! Io l’odio. Ei non mi vegga e mora.
 IMOFI
 
    Morirà, forse innocente;
 e il tuo amore, allor dolente,
885di crudel ti accuserà.
 
    Se non hai più cor di amante,
 hai però quel di regnante.
 Prima ascolta e poi condanna
 la ben certa iniquità.