Nitocri, Venezia, Pasquali, 1744

 SCENA XI
 
 MICERINO, MIRTEO ed EMIRENA
 
 MICERINO
 Mia principessa.
 MIRTEO
                                  Amabile Emirena.
 MICERINO
 Già sei felice. Ecco i tuoi ceppi a terra.
 MIRTEO
440Eccoti in libertà. Tebe è tuo regno.
 MICERINO
 Per te in giubilo è Menfi.
 MIRTEO
                                                E noi fra tanti
 siamo i soli infelici. Or tu consola...
 EMIRENA
 Deh! Se mi amate, rattenete, o duci,
 le sollecite brame.
445Lasciatemi un arcano,
 custodito con merto; e non vogliate,
 più di quello ch’io sia, misera farmi.
 MIRTEO
 Qual voce, o dei! ne fiede?
 MICERINO
 E qual novo t’ingombra atro sospetto?
 EMIRENA
450Temo la sorte iniqua e i doni suoi.
 MICERINO
 Frutto di lunghi affanni è diffidenza.
 EMIRENA
 Nessun sa l’altrui mal più di chi ’l soffre.
 MIRTEO
 Di’ che ai re aggiunger vuoi, da te negletti,
 novo trofeo, due sfortunati amanti.
 EMIRENA
455Io disprezzai d’Africa e d’Asia i regni,
 perché lo sa quest’alma.
 MICERINO
                                              A che tacerlo?
 EMIRENA
 Giusto non fora, per dar vita all’uno,
 di ferita mortal trafigger l’altro.
 MIRTEO
 Alla nostra amistà non nuoce amore.
 MICERINO
460Deh! Ti muova pietade. Egro, che langue
 tra la vita e la morte, è in pena estrema.
 EMIRENA
 Crudei! Voi lo volete; astretta io sono.
 Viene Imofi. Con lui, pria ch’io risolva,
 lasciatemi per poco.
 MICERINO
465Penoso indugio! (Si ritira da una parte)
 MIRTEO
                                  Oh! Se in te fosse amore,
 or non avresti irresoluto il core. (Si ritira dall’altra)