Nitocri, Venezia, Pasquali, 1744

 SCENA IV
 
 RATESE e MANETE
 
 RATESE
 Manete, udisti a qual eccesso ei porti
 l’insolenza e l’orgoglio?
 MANETE
                                             Ai miei consigli
135creder dovevi e non esporti all’onta
 del suo disprezzo.
 RATESE
                                   Erano il luogo e il tempo
 poco opportuni. Io frenai l’ire appena.
 MANETE
 Ira, che incauta sia, rado è felice.
 RATESE
 Ah! Che tutti rivolge
140In mio danno i disegni il fato iniquo.
 MANETE
 Fa’ che sien giusti e poi ne accusa il fato.
 RATESE
 Giusto non è che sovra un trono io salga
 che per legge e per sangue è mio retaggio?
 MANETE
 Ove il popolo vuole, il re si onora.
 RATESE
145Popolo vile! Il re son io. La morte
 del tiranno Amenofi
 colpo fu del mio braccio.
 MANETE
 Ma dal colpo infelice a te qual frutto?
 Al mal vedovo trono
150chi ti acclamò? Divisi
 fra le due dell’estinto inclite suore,
 scorgesti i voti, indi in Nitocri unirsi,
 maggior di etade; e tu ne fosti escluso.
 RATESE
 Ove s’udì donna dar leggi? Al sesso
155minor serve il più forte. O infamia! O scorno!
 O viltà non più intesa! Io generoso
 questa notte volea romper l’indegno
 giogo e a natura riparar l’oltraggio.
 MANETE
 Chi poi sul ferro ti ritenne il braccio?
 RATESE
160Oltre l’uso vid’io di armati ed armi
 la reggia ingombra. Osar l’assalto, egli era
 manifesta ruina, inutil morte.
 MANETE
 Saria tradito il tuo disegno? Io temo...
 RATESE
 No, pochi il san, tutti a me fidi; e colpa
165non ha di mia sciagura altro che il caso.
 MANETE
 Or che far pensi?
 RATESE
                                   Simular. Le fiamme
 coperte un giorno più alzeran la vampa.
 MANETE
 Perché tanto ostinarti in tuo periglio?
 RATESE
 O regno o morte. Il mio destino è questo.
 MANETE
170Tu alfin tieni in Egitto i primi onori.
 RATESE
 Per essere il primier, son io degli altri
 meno suddito e schiavo? O morte o regno.
 MANETE
 Ah suocero! Ah signor! Meglio non fora
 che di corona a te cingesse il crine
175regio imeneo che abbominevol frode?
 Tu pur ami Nitocri.
 RATESE
 È ver; l’ingrata amai; forse ancor l’amo;
 e dovea la superba averlo a gloria.
 Ma che? Femmina amante, ad altro amore
180mal porge orecchio e peggio al suo dovere.
 MANETE
 In Mirteo tu paventi
 il felice rival. Ma s’egli ottiene
 di Emirena la destra, eccoti al core
 della donna real libero il varco.
185Lascia i fieri disegni; i più soavi
 posson giovar; nuocer almen non ponno.
 RATESE
 Piacemi. Alfin, Manete, amore o forza
 me farà re, Nitocri
 o mia preda o mia sposa,
190il regno o mio compenso o mio trofeo;
 ma in qualunque destino
 prima vittima mia sarà Mirteo.
 
    Tiranni del core,
 te sdegno, te amore,
195te nobile orgoglio,
 contenti vi voglio;
 e s’arte non giova,
 ardir lo potrà.
 
    Allor di tre oggetti
200vedrò qual più appaghi
 i cupidi affetti,
 se altezza di soglio
 o esangue nemico
 o amata beltà.