Nitocri, Vienna, van Ghelen, 1722

 SCENA V
 
 MANETE
 
 MANETE
205Qualor mal consigliata
 insana ambizione occupa un’alma,
 addio pace, addio onore, addio ragione.
 Non fé, non legge, non dover. Le sembra
 onesta la perfidia,
210necessaria la colpa;
 e dei non crede o suoi li crede, e iniqui.
 Da questa furia ecco invasato, ahi quanto!
 il misero Ratese. In lui mi è forza
 de la dolce mia sposa amare il padre.
215Ma ne l’abisso, ove sen corre, invano
 trarmi e’ vorria, che l’anima il rifugge.
 Così il morto buon re potuto avessi
 togliere a morte. Io ravvisai la mano
 sol dopo il colpo. Egual destin poc’anzi
220sovrastava a Nitocri.
 Lo seppi e ’l riparai. L’autor ne tacqui;
 né danno fece a la pietà la fede.
 Piaccia agli dii che a più crudel dovere
 un dì non mi costringa il mio rimorso.
 
225   Sono amico e sposo sono;
 ma fedel mi vuole al trono
 innocenza, onor, dover.
 
    Non v’ha legge e non affetto,
 onde il cor si senta astretto,
230suo malgrado, ad esser empio,
 o con l’opra o col tacer.