Ormisda, Venezia, Pasquali, 1744

 SCENA III
 
 COSROE con guardie, ORMISDA e PALMIRA come in disparte
 
 COSROE
1065Palmira qui. Solo ingiustizia attendo.
 ORMISDA
 Cosroe, tempo non è di usar fierezza.
 Chi finor ti fu padre,
 esser brama ancor padre. Ei sa tue colpe
 e il far ch’egli le obblii da te dipende.
1070Orgoglio in te ne fremerà; ma sappi
 che chi sprezza bontà provoca a sdegno,
 che il castigo è in mia man, che tuo re sono
 e che un sol tuo rifiuto
 porrà te nella tomba e Arsace in trono.
 COSROE
1075In tua mano, o signor, stan vita e morte,
 lo so. Se nel tuo core
 trionfa la calunnia, io piego il capo
 né d’ingiusto ti accuso.
 Ma se vuoi legge impormi,
1080che il chiaror del mio nome adombri e copra,
 sappi tu ancor che mali
 non paventa innocenza,
 che chi visse all’onore
 viver non sa all’infamia e che la morte
1085fa meno orror che la viltade al forte.
 ORMISDA
 La viltà sta nel fallo
 e non nel pentimento. A chi oltraggiasti,
 chiedi perdon dell’impostura atroce.
 Sua bontà ne fia paga; ed io ti assolvo.
 COSROE
1090Che? Palmira al suo piede
 Cosroe vorria? Ch’ei confessasse il fallo,
 ricevendo il perdono?
 Uom, qual io, non ha colpa o l’ha da grande.
 Entrar ne’ regni tuoi, del mio retaggio
1095sostenere i diritti e dalle braccia
 di Arsace e di Palmira
 trarre Artenice, esser potean mie colpe,
 se mia fede e rispetto eran men forti.
 Sol per l’anime basse è l’impostura;
1100e dove abbondan le querele e gli odi, (Guardando verso Palmira)
 di femmina è costume usar le frodi.
 ORMISDA
 Quale audacia?... (Palmira si avanza)
 PALMIRA
                                   No, Ormisda.
 Giusto non è che mi si vegga al piede
 un vincitor dell’Asia, un regio erede.
1105Ei non errò; e se volle
 me di obbrobrio coprir, scusane l’odio
 e scusane l’amor. Rival gli è Arsace
 e matrigna Palmira; e tu ben sai
 quanto feroce tiranneggi un core
1110instinto d’odio e gelosia di amore.
 COSROE
 Madre in favor di figlio
 mai non parlò, qual tu, regina, in mio.
 ORMISDA
 Sempre il perfido è ingrato.
 Orsù, tentisi ancora
1115una via per salvarti e sia l’estrema.
 Tu successor di Ormisda,
 regna su’ Persi; e sposo ad Artenice
 dia le leggi all’Armenia il tuo germano.
 COSROE
 In prezzo di Artenice
1120tu non m’offri, o signor, che un ben già mio.
 Nello stesso momento
 nacqui al regno e alla vita. Ambo mi desti,
 ambo insieme puoi tormi.
 ORMISDA
 E li torrò. Della real possanza
1125oggi vestirò Arsace. A lui mio erede
 fia congiunta Artenice;
 e de’ pubblici «viva» il lieto suono
 udrai dal carcer tuo.
 COSROE
                                        Ci vuole, o sire,
 ci vuole il sangue mio, per compir l’opra.
1130Per Cosroe anche fra ceppi
 tremino e madre e figlio;
 tu immortal non nascesti; e s’ami Arsace,
 te lo consiglio, o non alzarlo al trono
 o colla morte mia glielo assicura.
1135Previeni il suo periglio;
 e un figlio salverai, perdendo un figlio.
 
    Sì, un figlio; ma quale?
 Invitto, leale,
 che vinse, ch’estinse
1140nimici, rubelli,
 che far né soffrire
 mai seppe viltà.
 
    In figlio sì indegno
 giust’è che lo sdegno
1145di un padre si accenda,
 che premio gli renda
 di pena e di morte
 né gli usi pietà.