Ormisda, Venezia, Pasquali, 1744

 SCENA XII
 
 ARSACE, poi PALMIRA ed ERISMENO
 
 ARSACE
940Vergogna, o cor di Arsace,
 che una donna t’insegni ad esser forte.
 Qui vien la madre ed Erismeno è seco.
 Si ascoltino in disparte. Io temo inganni.
 Altri ne udii poc’anzi, allor che tacqui,
945e n’ebbi orror. Sol per soffrire io nacqui. (Nascondesi dietro le colonnate de’ portici)
 ERISMENO
 Ben cominciammo, è vero;
 ma il più resta a compir. Cosroe ancor vive.
 PALMIRA
 Fra ceppi ed impotente.
 ERISMENO
 Ei può sortirne e sue minacce udisti.
 PALMIRA
950Troverà Arsace e coronato e sposo.
 ERISMENO
 Eh! Regina, se l’ ami,
 non lo creder ben fermo in sua grandezza,
 finché Cosroe respiri.
 PALMIRA
 Che far vorresti?
 ERISMENO
                                  Un colpo
955degno della mia fede.
 Dammi il tuo voto; e il prigionier nimico
 ucciderò. Lo custodisce Ostane
 e di Ostane dispor posso a mio grado.
 PALMIRA
 No. Sovente un rimedio
960che troppo è violento,
 in loco di sanar, nuoce ed uccide.
 Il colpo n’esporrebbe al comun odio
 e a quel del re. Ma il re dee farlo; e il faccia.
 Lasciane a me il pensier.
 ERISMENO
                                                Mi acheto e taccio.
 PALMIRA
965Cosroe ben custodisci.
 ERISMENO
 Senza il mio cenno, a tutti
 se ne vieta l’ingresso;
 e forza nol potria, che, se il tentasse,
 lui troverebbe entro il suo sangue involto.
970Tanto imposi ad Ostane e ne ho la fede.
 PALMIRA
 Per te Arsace sarà sposo ed erede.
 ERISMENO
 
    Non sortirà
 di sua prigione
 quel fier leone,
975che ne minaccia,
 e insieme perderà vendetta e vita.
 
    Orror di colpa
 non mi tormenta.
 Timor di pena
980non mi spaventa,
 ch’esser suol fortunata un’alma ardita.