Ormisda, Venezia, Pasquali, 1744

 SCENA VII
 
 ORMISDA, ERISMENO e i suddetti
 
 ORMISDA
 Stelle, a che mi serbaste?
 Qual delitto? Qual reo punir convienmi?
 Oh non padre, oh non sposo, oh re non fossi!
 Ma non s’abbia alla pena
700né riguardo né fren, con chi non l’ ebbe
 né all’offesa né al fallo.
 Adempiasi giustizia,
 del mio pianto anche a costo e del mio sangue.
 COSROE
 Tolgalo il ciel. Mi basta
705che tu sappia il delitto.
 Odio che tu il punisca.
 Grazia, o re, grazia, o padre.
 Vaglia a chi errò in difesa
 l’esser femmina e madre...
 ORMISDA
                                                   Ah scellerato!
710Accresce l’ire mie la tua impudenza.
 Chiedi grazia per te. Contra il tuo voto
 parlò il fido Erismeno.
 Innocente è Palmira. Il tuo furore
 le insidiò vita e gloria.
715Il perfido tu sei, tu il traditore.
 PALMIRA
 (Io già trionfo).
 COSROE
                                O cieli!
 Tradito io son. Re, sei deluso. Iniquo,
 che dir potesti?
 ERISMENO
                                Il vero.
 lo tacer lo volea. Tu m’hai costretto.
 COSROE
720La tua vita...
 ERISMENO
                          Lo so, non avrà scampo
 dall’ire tue. Prendila e questo acciaro
 ne fia ministro. Il riconosci? Io l’ebbi
 da te. Puoi tu negarlo?
 COSROE
 Pria da Palmira...
 ERISMENO
                                   Ed in qual uso l’ebbi?
725Inorridì al comando
 stupida l’alma. Il ricusai. Tu allora
 la regal donna ad accusar m’hai spinto
 del non suo fallo. Inevitabil morte
 m’era un altro rifiuto.
730Promise il mio timor, con qual de’ miei
 pensieri orror, voi lo scorgeste, o dei.
 ORMISDA
 Perfido! Che dir puoi? Già sei convinto.
 COSROE
 Signor, tutto è bugia, tutto impostura.
 Facciasi in rii tormenti
735quel perverso disdir.
 PALMIRA
                                         Perché punirlo?
 La sua sincerità sarà sua colpa?
 COSROE
 Sì tosto vieni in sua difesa? E tanto
 temi che in morte parli il suo rimorso?
 ORMISDA
 Non più. Guardie.
 COSROE
                                    Già intendo;
740mi si vuol reo. Prenditi il ferro. Oscura (Gitta la spada a’ piè di Ormisda)
 prigion mi tolga al giorno.
 Colà, regina, attenderò quel fato
 che uscirà dal tuo labbro a condannarmi.
 Al re tu dai le leggi
745coll’odio tuo. Serve il suo amor; ma temi
 che Cosroe in libertà non torni ancora.
 Forse da quel furor, che m’arde in seno,
 nulla te salveria né il tuo Erismeno.
 
    Leon feroce, che avvinto freme
750ma non si teme,
 se avvien che spezzi cancelli e nodi,
 i suoi custodi tremar farà.
 
    Quel fiero dente per monte e piano
 di brano in brano spargerà l’erbe;
755e sarà vano gridar pietà.