Ormisda, Venezia, Pasquali, 1744

 SCENA V
 
 ORMISDA, PALMIRA e poi COSROE che ritorna
 
 PALMIRA
125Mio consorte, mio re, da te dipende
 il destino di Arsace.
 ORMISDA
 E di Arsace in favor vuoi da me infranta
 la giustizia e la legge?
 PALMIRA
 Serve la legge al re.
 ORMISDA
                                      Ma al re tiranno.
 PALMIRA
130Serva dunque alla legge il re ch’è giusto.
 Cosroe è reo di gran colpa e dei punirlo.
 ORMISDA
 Taci; egli riede.
 PALMIRA
                                Arsace, ho core, ho ingegno.
 (Son madre; e tua sarà la sposa e il regno).
 ORMISDA
 Dal campo, ov’eri duce,
135perché lontan?
 COSROE
                              L’armi di Ormisda han vinto.
 Il Ponto è tua provincia e, domi i Medi,
 quanto oprar potea Cosroe ha tutto oprato.
 Dalle schiere oziose
 disio mi allontanò di porti a’ piedi
140la novella corona
 e di aver la mercé di mie fatiche
 dall’onor di un tuo amplesso.
 ORMISDA
 In ogni altro che in Cosroe, un tanto eccesso
 si puniria di morte.
145In te a virtude, in te a natura il dono.
 Figlio, vieni al mio amplesso e ti perdono. (Lo abbraccia)
 PALMIRA
 (Vil padre e reo marito!)
 ORMISDA
 Ma dopo il mio perdon, Cosroe, paventa
 di provocar con altra colpa all’ire
150un amor che ti assolve. Il novo giorno
 fuor di Tauri ti vegga. Ozio può solo
 al corso di tue glorie esser d’inciampo.
 Vuoi palme? Io te le appresto;
 ma i miei comandi attenderai nel campo.
 COSROE
155Ubbidirò. Tornerò al campo, o sire,
 ma non senza Artenice. Ella è mia sposa.
 Tu sei sedotto da un amore ingiusto.
 Ma di Ormisda son figlio;
 son del regno l’erede; e non degg’io
160soffrir ch’altri m’usurpi
 ciò che per legge e che per sangue è mio.
 
    Sino alla goccia estrema
 le mie ragioni al soglio
 e quelle del mio amor difenderò.
 
165   Quanto può s’armi e frema
 odio, furore, orgoglio;
 orgoglio, odio, furor
 col senno e col valor confonderò.