Ormisda, Venezia, Pasquali, 1744

 SCENA IV
 
 COSROE con soldati e i suddetti
 
 COSROE
 Padre e signor...
 ARTENICE
                                 Perdona (A Cosroe)
 se interrompo il tuo dir. Parli Artenice
 ed intrepida parli, or che è difesa (Ad Ormisda)
 dall’aspetto di Cosroe.
90Fosse tema o rispetto,
 e tu, regina, il sai, feci a’ miei voti (Verso Palmira)
 forza sinora; al mio dover compiacqui;
 non era ancor regina; attesi; e tacqui.
 ARSACE
 (Palpita amor).
 COSROE
                               (La sorte
95s’agita del cor mio).
 ORMISDA
                                       Tuoi detti attendo.
 PALMIRA
 (Taccio a gran pena e l’ire mie sospendo).
 ARTENICE
 Di vita il re mio padre
 uscì, me ancor fanciulla. Il terzo lustro
 compie oggi appunto. Ei ti commise, o sire,
100e l’Armenia e Artenice.
 ORMISDA
                                             E fu sua legge
 che Artenice sia sposa
 di un mio figlio real.
 ARTENICE
                                        Ma di quel figlio
 cui sul crin splenderà la tua corona.
 Quegli sarà mio sposo
105che tuo erede sarà. Non basta a lui
 il titol di tuo figlio.
 Ci vuol quello di re. Cosroe ed Arsace
 son tua prole ugualmente.
 Hanno merto, han virtù, m’amano entrambi.
110Se dovesse il cor mio sceglier lo sposo,
 il ver dirò, tu lo saresti, Arsace.
 ARSACE
 Care voci!
 ARTENICE
                      Ma Cosroe
 ha sul trono de’ Persi
 la ragion dell’età. Tu, che sei padre,
115del tuo scettro disponi. A me non lice.
 Frema quanto egli vuole
 l’amor mio generoso,
 il re, che tu farai, sarà mio sposo.
 
    Sono amante e sono figlia;
120ma quest’alma si consiglia
 col dover, non coll’amor.
 
    Sembra fasto ed è rispetto
 ciò che svena un dolce affetto
 al voler del genitor. (Si parte, servita a braccio da Cosroe e da Arsace, e vien seguita da’ suoi armeni)