Meride e Selinunte, Venezia, Pasquali, 1744

 SCENA ULTIMA
 
 MERIDE in abito da muratore, poi ARETA e i suddetti
 
 MERIDE
1520Se più tardo giugnessi, io quel sarei.
 SELINUNTE
 Qual voce?
 MERIDE
                       Eccovi il reo.
 NICANDRO ed ERACLEA
                                                 Meride!
 MERIDE
                                                                   Io sono (Areta sopravviene)
 Meride, sì; né in queste vili spoglie
 per viver mi celai ma per morire.
 Grazie agli dii, deluso è il tradimento.
1525Illesa è la mia fama e tu sei salvo.
 Ecco, o re, la mia testa. Eccola, Areta.
 SELINUNTE
 Crudel! Salvo son io, quando mi uccidi?
 Perché non indugiar anco un momento?
 MERIDE
 Per sempre ei mi rendea vile ed infame.
 SELINUNTE
1530Va’. Lasciami morir. Ten prego ancora.
 MERIDE
 Di viltà vuoi tentarmi? Ah! Sii più giusto.
 SELINUNTE
 Ciò che niega amistà, ragion mi dia.
 MERIDE
 Qual ragione aver puoi sulla mia morte?
 SELINUNTE
 Gran re che di giustizia ognor ti pregi,
1535per me ancor giusto sii. Spirò col giorno
 sulla morte, ch’io chieggo,
 di Meride il diritto. Ei venne tardo;
 e questa è l’ora mia.
 MERIDE
                                        Non rinfacciarmi
 un delitto non mio nel breve indugio.
1540Odimi, o re. Molto di spazio al giorno
 mancava ancor. Mi affretto
 l’ingresso in Siracusa. Esso mi è chiuso
 e tradito mi trovo.
 Del dolor fo virtù. Questi mi vesto
1545panni plebei. Confuso
 con la turba più vile,
 che sudi all’opre in giornalier lavoro,
 entro. Inganno i custodi. A tempo giungo
 di salvar la mia fede. Or non esulti
1550perfidia altrui. La tua giustizia regni.
 Rendimi la mia pena.
 DIONISIO
 (Ah! Nicandro, Nicandro!) (Tra sé in atto pensoso)
 MERIDE
 E tu omai datti pace; e se vuoi morte,
 va’ fra l’armi a cercarla, ov’ella rechi
1555utile alla tua patria,
 non infamia al tuo amico.
 Ma no. Vivi al tuo re. Vivi al tuo amore;
 e la memoria mia,
 Selinunte, Ericlea, cara a voi sia.
 ERICLEA
1560(Chiuso è il cor dall’affanno).
 ARETA
 (Del mio bene mi priva e vita e morte).
 NICANDRO
 (Usai l’ingegno e mi tradì la sorte).
 DIONISIO
 (Bassi affetti dell’alma, omai tacete.
 Di un re far voi potete
1565uno schiavo e un tiranno).
 Grazie, Areta, al tuo sdegno,
 che in mio arbitrio lasciasti
 il gastigo e il perdono.
 ARETA
 Ma salvo Selinunte.
 DIONISIO
1570Amici, egual destino oggi vi attende.
 Dividervi non posso. Ambo morreste,
 s’anche un sol condannassi;
 e sarei più crudele
 in dar la vita a un solo
1575che la morte ad entrambi.
 ERICLEA
 (Oimè!)
 ARETA
                   (Che ascolto?)
 DIONISIO
 Orsù, dissipi omai gioia i timori.
 L’un dono all’altro. A me vivete e a voi;
 e se loco aver posso
1580nella vostra amistà, sul vostro labbro
 il bel nome di amico,
 più che quello di re, mi sarà caro.
 Sarò il terzo tra voi;
 e a voi darò in mercede
1585un cor sincero, un’immutabil fede.
 SELINUNTE
 Deh! Qual bontà? Signor, un sì grand’atto,
 non che noi, ti fa amici uomini e dei.
 MERIDE
 Sire, in tanta virtù giusto è ch’io t’ami;
 ma a misura del merto invan lo speri.
 ERICLEA
1590(Gioie dell’alma mia, temo ingannarmi). (Dionisio scende dal suo posto)
 ARETA
 (Non so s’io goder deggia o pur lagnarmi).
 NICANDRO
 (La vergogna mi opprime e il duol mi accora).
 MERIDE
 Ericlea, tu compisci
 la mia felicità. Te a Selinunte
1595Meride unisca e lieto amor vi applauda.
 SELINUNTE
 No, che amore in voi strinse un più bel nodo;
 ed ingiusto io sarei, se lo sciogliessi.
 MERIDE
 A te, signor...
 DIONISIO
                           Questa si tronchi ancora
 magnanima contesa. In dare il voto,
1600Meride, a favor tuo, tre cori afflitti
 mi accuserieno di tiranno ed empio.
 Ericlea sia tua sposa.
 E a te... (Vo’ nel mio seno, amor, punirti,
 che quasi di virtù spogliasti l’alma).
1605E a te, Areta gentil, dia Selinunte
 qualche compenso nel tuo rio dolore.
 Ei sia tuo sposo. (Invan ne fremi, o core!)
 SELINUNTE
 Gradisco il dono; e tu se m’ami, Areta,
 a Meride perdona.
 ARETA
1610Dal tempo e dal tuo amore avrò il conforto;
 ma in sen di figlia or troppo acerbo è il duolo.
 NICANDRO
 (Ed io fra tanti a sospirar son solo).
 CORO
 
    Diamo a te canti, diamo a te onori,
 o del ciel dono, bella amistà.
 
1615   Tu di virtude l’alme innamori
 e per te orrori morte non ha.
 
    Tu ad opre eccelse stimoli i cori
 e ne allontani colpa e viltà.
 
 Il fine di «Meride e Selinunte»