Ormisda, Vienna, van Ghelen, 1721

 SCENA IV
 
 ORMISDA, PALMIRA e COSROE
 
 ORMISDA
 Dei! Che far deggio?
 COSROE
                                         Che? Riporti in fronte
 quella, di cui non sei
 arbitro ma custode, aurea corona.
630Ella non può caderne
 che non salga sul mio.
 Sinché Ormisda è monarca, io son vassallo;
 ma se il regno abbandoni, il re son io. (Ormisda ritorna a l’ara e ne ripiglia la corona)
 PALMIRA
 Superbo! Ancor pretendi
635impor leggi?...
 ORMISDA
                              Si taccia.
 Abbastanza soffersi.
 Riedi su le mie tempia,
 fatal diadema. Ormisda, (Rimettendosi la corona in capo)
 in avvenir non più marito e padre
640ma sol giudice e re, nulla più curi
 che l’onore del soglio.
 COSROE
 Sì. Giudice t’imploro e re ti voglio.
 Esecrabil delitto
 qui ti accingi a punir. Resta, o regina,
645e mi faccia ragione anche il tuo aspetto.
 PALMIRA
 Che dir vorrai?
 COSROE
                               Nulla, o regina, nulla.
 Io tacerò; ma parlerà Erismeno.
 PALMIRA
 Erismeno? Dal campo ei teco venne.
 COSROE
 E a lui poc’anzi favellò Palmira.
 PALMIRA
650Venga, venga Erismeno. Udrò sin dove
 giunga l’altrui perfidia.
 ORMISDA
                                             (Eccomi al tanto
 mal fuggito periglio.
 È rea la moglie od impostore il figlio).