Ormisda, Vienna, van Ghelen, 1721

 SCENA VIII
 
 ARTENICE ed ARSACE
 
 ARTENICE
235Quando l’ama Artenice, Arsace piange?
 ARSACE
 Che mi giova il tuo amor, quando ti perdo?
 ARTENICE
 Ti consoli il piacer di mia grandezza.
 ARSACE
 Mi duol la mia, non la tua sorte, o cara.
 Regna pur col germano.
 ARTENICE
                                              Io con Arsace
240più lieta regnerei. Ma come il posso?
 Comanda il genitor che sia mio sposo
 di Ormisda il regio erede.
 ARSACE
                                                  Io quel non sono.
 L’esser nato più tardi è mia sventura.
 Ma di tante, che spargo
245nel mio avverso destin, lagrime amare,
 una sola non bagna
 il trono, da cui scendo.
 A te tutte le spreme il mio dolore,
 a te, mio solo fasto e sol mio amore.
 ARTENICE
250Pera chi primo al mondo
 questa introdusse empia ragion di stato,
 tiranna degli affetti.
 Anime in libertà di amar chi piace,
 quanto v’invidio! O padre,
255che non tormi il diadema
 e lasciarmi il mio cor? Sarei di Arsace.
 Ma non son io regina?
 Basti, basti l’Armenia ad Artenice,
 la Persia a Cosroe. Arsace, a un dolce affetto
260già sacrifico un regno.
 Un tuo sguardo giocondo
 mi val più de la Persia e più del mondo.
 ARSACE
 Generosa Artenice, a sì gran prezzo
 non sarai mia. Ricuso
265un amor che ti rende
 meno giusta e men grande.
 Regna sui Persi; io ’l primo
 sarò de’ tuoi vassalli.
 ARTENICE
 O degno, o caro amante,
270spera. Chi sa? La sorte
 avrà forse rimorso, avrà rossore
 di scior nodo sì bel, sì forte amore.
 
    Perché nacqui a regal sorte,
 in voi perdo, o luci amate,
275il mio bene, il mio piacer.
 
    O in amore
 pastorelle fortunate,
 quanto invidio al vostro core
 che sol ama per goder!