Meride e Selinunte, Venezia, Pasquali, 1744

 SCENA XII
 
 ERICLEA
 
 ERICLEA
 Ecco il frutto, Ericlea,
 del tuo furor mal consigliato. È morto,
1040morto è il nimico tuo.
 Vendicata tu sei. Dura vendetta
 quella che costa pianti!
 In periglio è l’amante. Ella è sciagura.
 Era meglio perir, per non perire.
1045Ei ti cerca per darti
 l’ultimo addio. Poi la sua gloria il chiama
 dove amor non vorria. Fiero cimento!
 Consigliar nol poss’io
 né a viver né a morir. Tutto m’è affanno.
1050Contrastan nel mio core
 di perderlo la tema
 e il dover di salvarlo. Irresoluti
 voti oppongonsi a voti e brame a brame.
 Mi uccide estinto e mi spaventa infame.
 
1055   Austro sibila, Borea freme,
 uno in turbine, uno in procella;
 e la pallida villanella
 qual più tema ancor non sa.
 
    Sulle tenere spiche intatte
1060rompe in lagrime, immobil geme,
 che se grandine allor le abbatte,
 di che vivere ella non ha.
 
 Il fine dell’atto terzo