Meride e Selinunte, Venezia, Pasquali, 1744

 SCENA IX
 
 TIMOCRATE e i suddetti
 
 TIMOCRATE
 Coppia illustre d’eroi, per cui più grande
 di Siracusa è il regno, al valor vostro
675ben doveasi Ericlea.
 Io con nodo di pace a voi congiunto,
 con voi ne godo e a un lieto amore applaudo,
 benché il mio ne sospiri.
 SELINUNTE
 Timocrate, ti basti
680gioir di tua fortuna.
 L’insulto non conviene al generoso.
 TIMOCRATE
 Su qual di voi cadde l’onor del dono?
 In lui con gioia onorerò l’amante;
 nell’altro poi consolerò l’amico.
 MERIDE
685È tuo acquisto Ericlea; ma della nostra
 lontananza sapesti
 far buon uso in tuo pro.
 TIMOCRATE
                                              Meride, io l’ebbi
 dal mio re. La sua scelta
 riconobbe il più degno.
 MERIDE
690Sono i re, benché grandi, uomini anch’essi;
 né da un posto eminente
 sempre si può ben giudicar gli oggetti.
 TIMOCRATE
 Meco di onor contenderesti e d’opre?
 MERIDE
 I giudici più retti
695non siam noi di noi stessi.
 TIMOCRATE
 Un premio ricusato
 non è indizio di merto.
 MERIDE
 Né un rapito favor.
 TIMOCRATE
                                      De’ miei trionfi
 mi assisté la ragione.
700Il re me lo dovea. Chi non l’ottenne
 merito non avea per ottenerlo.
 SELINUNTE
 Merito ei non avea?... (In atto di por mano alla spada)
 MERIDE
                                           No, Selinunte. (Lo ferma)
 Ti sovvenga la fede e l’ire affrena.
 SELINUNTE
 
    Mi sovvien. Rispetto in te
705un comando del mio re.
 Partirò; ma ti consiglio
 più modestia e men baldanza.
 
    Quel comando a te non dà
 né poter né sicurtà
710da sfidar con novi oltraggi
 nel mio sen la tolleranza.