Odoardo, Venezia, Albrizzi, 1698

 SCENA XVI
 
 EDUINO, RICCARDO e li suddetti
 
 EDUINO
 (Qual oggetto è mai questo?) (Odoardo scende dal trono)
 ODOARDO
 Vieni, o mio re; s’io già sul trono ascesi,
 se mi cinsi il diadema,
 se lo scettro impugnai, fu perché fede
1205diedi a la fama e ti credei già estinto.
 Già degli empi uccisori
 in me stesso volgea l’orrido scempio.
 Or che vivo ti scorgo,
 rendo al sangue ragion, giustizia al merto.
1210Vieni, torna al tuo soglio; io già ne scendo.
 Scettro, diadema e ciò ch’è tuo ti rendo.
 GISMONDA e METILDE
 (O dei!)
 EDUINO
                   No no, t’arresta. Odimi e teco
 m’oda Enrico, Metilde e l’Anglia tutta.
 A te, Odoardo, a te qui vengo in tempo
1215che de l’offese mie da te non posso
 né temer la vendetta
 né gradirne il perdon. De la mia sorte
 esser l’arbitro volli,
 esser volli il monarca e in vita e in morte.
 ODOARDO
1220Come, o signor?
 EDUINO
                                 Già serpe
 ne le viscere il tosco e già lo sento
 che si fa strada al cuore,
 senza darmi l’orror del pentimento.
 ODOARDO
 Deh ti salva. Ancor tempo...
 EDUINO
1225Né più v’è; né più ’l chiedo.
 Sei re de l’Anglia; io tal ti feci; e questo,
 questo è ’l grave delitto
 che in me punii; rimanti e regna; almeno
 non avrai tra’ vassalli
1230numerato Eduino. Ecco, a’ mie lumi
 s’oscura il dì... Vacilla il piè... La terra
 par che mi manchi... Adolfo.
 ADOLFO
 Signor.
 EDUINO
                 Sostienmi.
 ADOLFO
                                       Accorro pronto e ’l braccio...
 EDUINO
 Ah no! Si vada altrove
1235l’alma a spirar. Tanto di lena ancora
 lasciatemi, o del sen voi furie ultrici.
 Saria troppa sventura
 il morir sotto gli occhi a’ miei nemici.