Meride e Selinunte, Venezia, Pasquali, 1744

 SCENA IV
 
 DIONISIO con seguito e TIMOCRATE
 
 DIONISIO
 Tra’ più felici numerar ben posso,
 Timocrate, un tal giorno. Erice è doma;
 Reggio è distrutta. All’uno e all’altro lido
 stese son le nostr’armi;
110e qui ben tosto i due guerrieri invitti
 riceveran ne’ miei reali amplessi
 il primo, sì, ma non il solo onore
 e guiderdone a lor virtù dovuto.
 TIMOCRATE
 Signore, alla lor sorte
115né detraggo né invidio. Abbian la lode;
 abbian la ricompensa.
 Sol dona a me che con la figlia io possa
 lungi trar dalla reggia i brevi giorni
 che spender non mi è dato,
120qual fei de’ molti, in tuo servigio e gloria.
 DIONISIO
 Di qual torbido meschi il mio sereno?
 Tu partir con Areta? E allor partire
 ch’io, giunto al sommo della mia grandezza,
 medito ancor la tua?
 TIMOCRATE
                                        L’addio che imploro...
 DIONISIO
125No. Togliti dal cor brama sì ingiusta.
 T’agita un cieco affetto
 e ti offusca ragion. Misera sorte
 di chi pena in balia d’odio e livore!
 Vincesti i miei nimici.
130Vinci anche i tuoi ma quei che chiudi in seno.
 Oggetto esser tu puoi d’invidia a tutti.
 Nessuno a te. Non ti si tace arcano.
 Favor non ti si nega.
 Più che darti non ho. Resta il mio soglio.
135Alla beltà di Areta
 lasciane la conquista. Al regio amore
 non ritarda i contenti
 che il dispiacer di un rio civil furore.
 
    Sono amante ma regnante.
140Sinché miro odio civile
 agitar torbida face,
 non ha pace amor di re.
 
    Tu, se m’ami
 e se brami
145la tua sorte e il mio riposo,
 generoso
 l’odio vinci e il dona a me.
 
 TIMOCRATE
 Mio re, qual arduo chiedi e sanguinoso
 sacrifizio al mio core?
 DIONISIO
150Quant’arduo più, più n’avrai lode e merto.
 TIMOCRATE
 Tu gl’insulti ne sai, tu l’onte, i mali.
 DIONISIO
 Odio provoca ad odio e torto a torto.
 TIMOCRATE
 Quanti tradir dopo ingannevol pace!
 DIONISIO
 Ti farò sicurtà dell’altrui fede.
 TIMOCRATE
155Vuoi l’ire estinte? La cagion ne togli.
 DIONISIO
 Chi tra’ miei cari la fomenta e pasce?
 TIMOCRATE
 La beltà di Ericlea. Deh! Questa, o sire,
 che già fu mia vittoria, or sia mia spoglia.
 DIONISIO
 Meride l’ama o Selinunte?
 TIMOCRATE
                                                   Entrambi.
 DIONISIO
160Come in rivalità dura amistade?
 TIMOCRATE
 Odio fa in lor ciò che non puote amore
 e, s’io nol fossi, essi sarien nimici.
 DIONISIO
 Se a te compiaccio, ecco le altrui querele.
 TIMOCRATE
 Nessun si può lagnar di un ben perduto,
165senz’averlo richiesto.
 DIONISIO
 Orsù, vo’ consolarti.
 A me venga Ericlea. Tu qui in disparte
 qual per te parlo udrai.
 TIMOCRATE
                                             Sire, or gli affetti
 tutti dell’alma in sacrifizio accetta.
170(Comincio dall’amor la mia vendetta).
 
    Uscite dal mio sen, sdegni e rancori,
 né vi sovvenga più d’insulti e d’onte.
 
    Rubelli voi sarete e traditori,
 se mai contra il dover della mia fede
175baldanza vi verrà di alzar la fronte. (Si ritira)