Odoardo, Venezia, Albrizzi, 1698

 SCENA XV
 
 METILDE, GISMONDA e li suddetti
 
 METILDE
 Signor, di tue fortune io non son forse
1185l’ultima a goder teco.
 GISMONDA
                                         E a me ben puoi
 nel giubilo del volto
 legger il cuor.
 ODOARDO
                            Bella Metilde, in parte
 a te devo lo scettro;
 e a te, cara Gismonda,
1190godo offrirlo in mercede
 de la costanza tua, de la tua fede.
 RICCARDO
 Mio sire, or che ti veggio
 stabilito sul trono ed or che nulla
 si oppone a la tua sorte,
1195svelar ti deggio un innocente inganno.
 ODOARDO
 Di’, Riccardo, che fia?
 RICCARDO
                                           Vive il tiranno.
 ODOARDO
 Come? Vive il fratel?
 RICCARDO
                                         Sì, poco lunge
 quindi il celai.
 ODOARDO
                              Fa’ che a me venga. Il trono (Parte Riccardo)
 per abbagliarmi il guardo
1200non ebbe incanti; ancor qual era io sono.