Meride e Selinunte, Venezia, Marciana, autografo

 SCENA V
 
 ERICLEA e DIONISIO
 
 ERICLEA
 A l’onor del tuo cenno, ecco la tua
 prigioniera infelice.
 DIONISIO
 Di prigioniera e d’infelice il nome
 non puoi perché darti ,, Ericlea,? Ne la mia reggia
 Senza far grave torto al tuo bel core
 io qual figlia ti amai. Ne la mia reggia
180quell’onor ti si rese, in cui potessi
 i tuoi casi obbliar, non il tuo grado.
 È ver; nemico al padre, io gli fei guerra
 ma da lui provocato.
 Gli tolsi il regno; ma destin de l’armi
185esser potea ch’io vi perdessi il mio.
 Pari furon le offese.
 L’esito le distinse;
 e fortuna ne ha colpa. Io le correggo
 per quanto è in mio poter. Nulla mi giova.
190Priva di libertà, priva d’impero,
 tu, qual de’ cibi fa palato infermo,
 o non gradisci i doni o non li curi.
 Su, tolgasi a’ lamenti ogni pretesto.
 Libera sii. Di Tauromina e Nasso,
195retaggio avito, a salir vanne il soglio.
 Al dono illustre un maggior dono aggiungo,
 sposo che tel difenda;
 e Timocrate e’ fia. Qual mai più degno
 e re e consorte a te dar posso e al regno?
 ERICLEA
200Ospite, a cui si appresti in regia stanza
 assirio letto, e poi si trovi a canto
 belva feroce o minaccevol angue,
 o cui di cibi eletti
 lauta mensa imbandita, alfin si vegga
205porger in aureo vase
 venefica cicuta o rio nappello,
 sì non riman da freddo orror sorpreso,
 qual io, signor, per cui crudel diviene
 la stessa tua beneficenza. A foggia
210di schiava eleggerei, pria tronco il crine,
 i ceppi al piede e la mannaia al collo,
 che sì barbare nozze.
 DIONISIO
 Troppo ti lasci trasportar da sdegno.
 ERICLEA
 Troppo? Chi fu che ’l genitor mi uccise?
215Chi uccise i miei? Chi empié d’incendi e stragi
 le vie di Siracusa Tauromina? Ah! Mai nol miro veggo
 ch’ei non rinfreschi ognora
 lea piaghea al core e a la memoria il danno.
 DIONISIO
 Tutti i tuoi mali l’amor suo ripara.
220Solo per lui patria ti rendo e regno.
 ERICLEA
 Fuori di Siracusa, a te richiesi
 trar solinga i miei giorni,
 solo per tormi a l’odioso aspetto.
 Lasciami in quel riposo
225che aver può un’infelice.
 DIONISIO
 Meglio pensa, Ericlea. Chi re consiglia...
 ERICLEA
 Non comanda tiranno.
 DIONISIO
 Prieghi o comandi un re, del par l’offende
 il rifiuto o ’l contrasto.
 ERICLEA
230Misera esser poss’io, vile non mai.
 DIONISIO
 La sofferenza mia ti fa ostinata.
 ERICLEA
 Parla al giusto signor la mia costanza;
 parlerebbe a l’iniquo il mio disprezzo.
 DIONISIO
 Vedi che sol ti prego e ti consiglio,
235quando usar forza e comandar potrei.
 ERICLEA
 E se forza tu usassi, alor direi:
 
    Re barbaro... Ma no.
 Veggo che parlo a te,
 re grande e giusto re
240che tieni con l’amor
 su l’alme il regno.
 
    Lasciami a la mia sorte;
 dammi anche ceppi e morte;
 tutto è pietà per me.
245Sol toglimi a l’orror
 del nodo indegno.