Meride e Selinunte, Vienna, van Ghelen, 1721

 SCENA VIII
 
 ERICLEA e i suddetti
 
 ERICLEA
 Né spergiuro ei ti obblia. Ben li sei giusto.
1495Già vien Meride.
 NICANDRO
                                  Ei viene.
 SELINUNTE
                                                     O me infelice!
 ERICLEA
 Re, parlo a la tua gloria.
 Parlo al tuo amore, o generoso amico.
 Vien Meride e, se mento,
 eccovi il capo mio. Ciò che a me il trasse
1500fu desir ch’io tua fossi.
 Ne ho comandi e ne ho preghi.
 E tua sarò, quando al crudel tuo fato
 sopraviver io possa un sol momento.
 Con tal fede il lasciai.
 SELINUNTE
                                          Meride... O dio!
1505Perché non ho più vite? Ah! Ne ho una sola
 per te; né potrò darla?
 NICANDRO
 Non disperarti. Invan l’attendi. Sire,
 di tua bontà qui si fa scherno ancora.
 ERICLEA
 Ei vien...
 DIONISIO
                    Ma tardo; e Selinunte mora.
 ERICLEA
1510No no. Chi più di me degno è di morte?
 Fu Timocrate ucciso? Io diedi il cenno.
 Selinunte è qui ostaggio? Ho core anch’io
 per offrirmi in sua vece.
 Morte sia pena o dono,
1515rea per soffrirla o generosa io sono.
 SELINUNTE
 Sì mal ti si ubbidisce? Il tempo, il luogo
 questo è del mio trionfo. Ov’è ’l ministro?
 Chiuder meglio non posso i giorni miei.