Odoardo, Venezia, Albrizzi, 1698

 SCENA XII
 
 ODOARDO con guardie e le suddette
 
 ODOARDO
1120Se il colpevole io sono,
 perché morrai? Son miei, Metilde, i colpi;
 son mie le pene; io t’ingannai, ti offesi;
 non v’ha parte Gismonda.
 Eduino t’impose
1125la mia, non la sua morte.
 Ei si deve ubbidir. Tu n’hai la cura.
 Esser potria, se ne sospendi il colpo,
 un’inutil pietà la tua sciagura.
 METILDE
 Odoardo, Gismonda,
1130datevi pace. Ambo vivrete; in ambo
 conserverò un sol cuore.
 Saria troppa fierezza
 rapire al mondo un paragon d’amore.
 Obbliate, ven prego, e perdonate
1135un trasporto d’amor. Già nel mio seno
 il gastigo ne sento;
 né mi resta di lui che un pentimento.
 ODOARDO
 Generosa Metilde...
 METILDE
                                       A miglior tempo
 serba i tuoi sensi. Ecco in tua man ripongo
1140il sigillo real. Tu andrai là dove
 te con Riccardo il fior del regno attende.
 Ivi udrai le vicende
 del tuo destino. Hai per salire il trono
 sciolto il piè di catena.
 ODOARDO
1145Dopo un lungo tormento
 al mio piacer posso dar fede a pena.
 
    Credo al giubilo, se voi siete
 più tranquille, pupille adorate.
 
    Sfere voi del mio destino,
1150col dolor l’alma affligete,
 col seren la consolate.