Meride e Selinunte, Vienna, van Ghelen, 1721

 SCENA V
 
 ERICLEA e DIONISIO
 
 ERICLEA
 A l’onor del tuo cenno, ecco la tua
 prigioniera infelice.
 DIONISIO
 Di prigioniera e d’infelice il nome
 perché darti, Ericlea? Ne la mia reggia
180quell’onor ti si rese, in cui potessi
 i tuoi casi obbliar, non il tuo grado.
 È ver; nemico al padre, io gli fei guerra
 ma da lui provocato.
 Gli tolsi il regno; ma destin de l’armi
185esser potea ch’io vi perdessi il mio.
 Pari furon le offese.
 L’esito le distinse;
 e fortuna ne ha colpa. Io le correggo
 per quanto è in mio poter. Nulla mi giova.
190Priva di libertà, priva d’impero,
 tu, qual de’ cibi fa palato infermo,
 o non gradisci i doni o non li curi.
 Su, tolgasi a’ lamenti ogni pretesto.
 Libera sii. Di Tauromina e Nasso,
195retaggio avito, a salir vanne il soglio.
 Al dono illustre un maggior dono aggiungo,
 sposo che tel difenda;
 e Timocrate e’ fia. Qual mai più degno
 e re e consorte a te dar posso e al regno?
 ERICLEA
200Ospite, cui si appresti in regia stanza
 assirio letto, e poi si trovi a canto
 belva feroce o minaccevol angue,
 o cui di cibi eletti
 lauta mensa imbandita, alfin si vegga
205porger in aureo vase
 venefica cicuta o rio nappello,
 sì non riman da freddo orror sorpreso,
 qual io, signor, per cui crudel diviene
 la stessa tua beneficenza. A foggia
210di schiava eleggerei, pria tronco il crine,
 i ceppi al piede e la mannaia al collo,
 che sì barbare nozze.
 DIONISIO
 Troppo ti lasci trasportar da sdegno.
 ERICLEA
 Troppo? Chi fu che ’l genitor mi uccise?
215Chi uccise i miei? Chi empié d’incendi e stragi
 le vie di Tauromina? Ah! Mai nol veggo
 ch’ei non rinfreschi ognora
 la piaga al core e a la memoria il danno.
 DIONISIO
 Tutti i tuoi mali l’amor suo ripara.
220Solo per lui patria ti rendo e regno.
 ERICLEA
 Fuori di Siracusa, a te richiesi
 trar solinga i miei giorni,
 solo per tormi all’odioso aspetto.
 Lasciami in quei riposo
225che aver può un’infelice.
 DIONISIO
 Meglio pensa, Ericlea. Chi re consiglia...
 ERICLEA
 Non comanda tiranno.
 DIONISIO
 Prieghi o comandi un re, del par l’offende
 il rifiuto o ’l contrasto.
 ERICLEA
230Misera esser poss’io, vile non mai.
 DIONISIO
 La sofferenza mia ti fa ostinata.
 ERICLEA
 Parla al giusto signor la mia costanza;
 parlerebbe a l’iniquo il mio disprezzo.
 DIONISIO
 Vedi che sol ti prego e ti consiglio,
235quando usar forza e comandar potrei.
 ERICLEA
 E se forza tu usassi, alor direi:
 
    Re barbaro... Ma no.
 Veggo che parlo a te,
 re grande e giusto re
240che tieni con l’amor
 su l’alme il regno.
 
    Lasciami a la mia sorte;
 dammi anche ceppi e morte;
 tutto è pietà per me.
245Sol toglimi a l’orror
 del nodo indegno.