Alessandro in Sidone (Zeno e Pariati), Venezia, Pasquali, 1744

 SCENA II
 
 EFESTIONE e IPPARCHIA
 
 EFESTIONE
 Ipparchia, a te sinora
 qual amante parlai; so ch’è più forte
1580il linguaggio di sposo...
 IPPARCHIA
 Perdonami. Allo sposo
 risponderò, come all’amante. Onoro
 offerta sì gentil ma non l’accetto.
 Crate nel cor d’Ipparchia è sempre Crate.
 EFESTIONE
1585Anche quando egli è oggetto al comun riso?
 IPPARCHIA
 Scherno d’altrui non toglie al bel suoi pregi.
 EFESTIONE
 Al bel? Laido e deforme ognuno il dice.
 IPPARCHIA
 Sì, ma con gli occhi miei nessun lo guarda.
 EFESTIONE
 Come assolver potrai la sua fiacchezza?
 IPPARCHIA
1590Che? L’esser ingannato è forse colpa?
 EFESTIONE
 Colpa, e grande in uom saggio.
 IPPARCHIA
 Più soggetto alle frodi è il più sincero.
 EFESTIONE
 Tu ben lo scusi.
 IPPARCHIA
                               Io l’amo.
 EFESTIONE
 Mia offesa e tua vergogna è un vil rivale.
 IPPARCHIA
1595Efestione, io l’amo.
 EFESTIONE
 Nol fa degno d’Ipparchia un cieco amore.
 IPPARCHIA
 Più discreto al bel sesso
 io ti credea. Se l’amor mio ti offende,
 del destin, non di me, lagnar ti puoi.
 EFESTIONE
1600Sento, più che i miei torti, i rischi tuoi. (Efestione partendo s’incontra in Crate che lo ferma)