Odoardo, Venezia, Albrizzi, 1698

 SCENA V
 
 RICCARDO e poi GISMONDA
 
 RICCARDO
 Tradimento innocente
 che salva un regno... (Ecco Gismonda; affetti,
950non m’avvilite).
 GISMONDA
                                Alfin tu perdi il frutto
 de l’amor tuo.
 RICCARDO
                             Già lo perdei, Gismonda.
 GISMONDA
 Come?
 RICCARDO
                 Ah spergiura!
 GISMONDA
                                             Io, prence?
 RICCARDO
 Perché ingannarmi? A più gran meta alzasti
 i voti tuoi; perché tacerlo? E meco
955in volto lusinghier finger affetti?
 Amar altri e in catena
 me trattener? Gismonda,
 soffro l’amor ma de l’inganno ho pena.
 GISMONDA
 Generoso Riccardo,
960l’error confesso; amo Odoardo e solo
 sì gran merto potea torti il mio cuore.
 T’ingannava e rimorso
 in me ne avea; ma per salvar chi s’ama,
 che non si fa? Che non si soffre?
 RICCARDO
                                                             Ed ora
965a che serve la frode?
 GISMONDA
                                        A farti invitto.
 Deh conserva il tuo prence
 né a lui fia di gastigo un mio delitto.
 RICCARDO
 Datti pace, o Gismonda,
 per me non hai di che temer. Metilde,
970più difficil ne l’ira,
 resta a placar.
 GISMONDA
                             La placherà il mio sangue.
 Tu ne cerca altre vie. L’onor de l’opra,
 o magnanimo cuore,
 sia de la tua virtù, non del tuo amore.
 
975   T’amerei, che ne sei degno,
 se ancor fossi in libertà.
 
    Ma ben sai che poco è forte
 a spezzar le sue ritorte
 cuor che langue
980prigionier de la beltà.