Alessandro in Sidone (Zeno e Pariati), Venezia, Pasquali, 1744

 SCENA IX
 
 EFESTIONE, tenendo per un braccio ADDOLONIMO, e i suddetti
 
 EFESTIONE
 Vieni, o malvagio, al tuo castigo. I numi
1370veglian, sire, a tuo pro. Torsi a’ miei lumi
 l’empio volea. Tacito e chino il veggo.
 Corro. L’afferro. Il traggo. Ei non resiste.
 Non parla; e gli esce solo
 qualche sospir, non so se d’ira o duolo.
1375Eccolo.
 ALESSANDRO
                Che rimiro!
 Addolonimo? Oh cieli! Il credo appena.
 STRATONE
 (Ah, se fia ch’ei mi sveli...)
 ADDOLONIMO
 (A soffrir e a tacer l’alma dispongo).
 ALESSANDRO
 Come ben già sapesti,
1380qual non eri, mentir? Dunque in quel punto
 che più vantava il labbro
 innocenza e virtù, volgevi in mente
 sì esecrabile idea?
 ADDOLONIMO
                                     Sono innocente.
 ALESSANDRO
 E allor che di tua sorte impietosito,
1385io pensava all’avito
 soglio di alzarti, a mia rovina e morte
 meditavi di alzar braccio omicida;
 perché? Da qual sedotto
 dolce lusinga? Da qual rabbia ardente?
1390In che ti offesi? Di’.
 ADDOLONIMO
                                       Sono innocente.
 EFESTIONE
 Innocente? Rispondi.
 Non sei tu di questi orti
 e custode e cultor?
 ADDOLONIMO
                                     Nol nego.
 EFESTIONE
                                                         In uso
 non ha il re sul meriggio
1395qui goder le fresch’aure?
 ADDOLONIMO
 È vero.
 EFESTIONE
                 E là sovente
 adagiarsi al riposo?
 ADDOLONIMO
                                       E prender sonno.
 ALESSANDRO
 Colà dunque celarti,
 perché? Perché in quest’ora? Il tuo misfatto
1400abbia qualche discolpa.
 È facile il pretesto al delinquente.
 ADDOLONIMO
 Altro dir non poss’io. Sono innocente.
 STRATONE
 (Si spaventa l’accusa in su quel labbro).
 EFESTIONE
 Ceppi e tormenti ’l mal guardato arcano
1405gli traggano dal cor, s’egli ancor tace.
 STRATONE
 Più non taccia Straton. Vedi, Alessandro,
 di mia virtù se dubitasti a torto.
 Il perfido è costui. Quella, ch’ei vanta
 ragion sul regno, al suo livor sinora
1410scopo mi fece e oggetto. Or che il diadema
 ti sfavilla sul crine, ei te lo insidia.
 ADDOLONIMO
 Ah, Stratone, Straton, non abusarti
 del mio silenzio.
 STRATONE
                                 Parla.
 Mi accusa. Fammi reo del tuo delitto.
1415Tra un uom vile ed un re, cerchi Alessandro
 chi è di noi il traditore.
 ADDOLONIMO
 (Ti condanno a soffrir, povero core).
 ALESSANDRO
 Falsa virtù più non mi abbaglia. Ingiusta
 fu, Straton, la mia tema. Io te ne assolvo.
1420Tu, fellon, l’empio sei.
 ADDOLONIMO
 (S’io l’empio sia, voi lo sapete, o dei).
 ALESSANDRO
 Si consegni a’ custodi.
 EFESTIONE
                                           Indi alla scure;
 e al tuo sì folle orgoglio
 sarà un laccio il diadema, un palco il soglio. (Si parte)
 ALESSANDRO
 
1425   Se miro, se ascolto
 quel labbro, quel volto,
 ti credo innocente.
 
    Ma l’empio tuo core
 mi toglie di errore
1430e fa ch’io non creda
 né a volto, che inganna,
 né a labbro che mente. (Escono le guardie di Alessandro)