Alessandro in Sidone (Zeno e Pariati), Venezia, Pasquali, 1744

 SCENA IV
 
 ARISTIPPO e CRATE
 
 ARISTIPPO
 Poco il gaudio durò delle tue nozze.
 CRATE
 Quanto il corteggio tuo, quanto il tuo regno.
 ARISTIPPO
 Odi; come in teatro, oggi in Sidone,
 io di re, tu di sposo
1290rappresentammo il personaggio e il grado.
 La favola finì. Plauda chi vuole.
 CRATE
 Ma i plausi son fischiate.
 ARISTIPPO
 Diciam noi pur ciò ch’altri suol; gli errori
 della favola son, non degli attori.
 CRATE
1295Eh, non ci lusinghiam. Nostro è il difetto.
 ARISTIPPO
 Convien dissimularlo e far buon viso.
 CRATE
 Tu però mangi i guanti. È fame? O sdegno?
 ARISTIPPO
 Sdegno? Perché? Perché Fenicia è ingrata?
 Perdono in lei ciò ch’è natura ed uso.
1300Perché un re mi disprezza?
 Sputommi un altro in faccia; e il presi a gioco.
 CRATE
 Tanto finger non so. Me più non veggia
 di Sidone la reggia.
 ARISTIPPO
 Io no. Tra il male e il ben meglio discerno.
1305Qui vo’ restar. Qui voglio
 rider del riso e qui schernir lo scherno.
 
    Quando cada in qualche error,
 né rimorso né rossor
 mai non mostri agli altri il saggio.
 
1310   Franco volto e salda fronte
 toglie all’onte
 la baldanza ed il coraggio.