Alessandro in Sidone (Zeno e Pariati), Venezia, Pasquali, 1744

 SCENA VIII
 
 FENICIA e ADDOLONIMO
 
 FENICIA
 E fia vero, Addolonimo? Esser posso
 tuo acquisto e tuo possesso?
 E la man tu ritiri e mi rifiuti?
 Che tu mi amassi invan mi lusingai;
620e con sì dolce inganno,
 ahi, quanto, il dirò pur, quanto ti amai!
 ADDOLONIMO
 Oh dio! Non tormentarmi.
 FENICIA
 Che? Mi vuoi tua nimica? Udisti ’l padre;
 e sai la mia sciagura.
625Vuoi che di Crate io sia? Che di Aristippo?
 Toglimi al nodo indegno.
 Tua fammi. Ogni cimento
 per te mi saria leve.
 Tu per me nulla puoi? Qual dura legge
630ti si prescrive? Ah, se mi amassi, ingrato...
 ADDOLONIMO
 Fenicia, non mi dir che sventurato.
 
    Io ti perdo e del tuo amore
 son più degno in rifiutarti.
 
    Tu non vedi le mie pene
635e tacerle a me conviene
 per timor di più attristarti.