Odoardo, Venezia, Albrizzi, 1698

 SCENA XVII
 
 EDUINO e RICCARDO
 
 EDUINO
 Riccardo, ov’è Metilde?
 RICCARDO
835Qual voce, o dei! Questo è ’l tiran.
 EDUINO
                                                               Che miri?
 Son io, sono il tuo re; mi serba il cielo
 al gastigo de l’Anglia.
 RICCARDO
 Ma, signor, ne la pugna...
 EDUINO
 Non cadei, no, come ne sparse il grido
840fama bugiarda. Il tuo stupor comprendo.
 Conscio già de’ miei rischi o almen presago,
 io de l’armi reali
 Sveno cuoprii, de’ miei custodi il duce.
 La sua morte, che a molti
845fu inganno, a me diè scampo; e sotto a queste
 spoglie mentite, alor che vidi agli empi
 fausta la sorte e a’ miei disegni iniqua,
 uscii dal campo e qui mi trassi. Or dimmi,
 Metilde ov’è? Morì Odoardo?
 RICCARDO
                                                        Ei, sire...
 EDUINO
850Che?
 RICCARDO
             Vive ancor.
 EDUINO
                                    Vive il fratel? Metilde
 non m’ubbidì? Riccardo,
 seguimi.
 RICCARDO
                    O dei! Dove, o signore?
 EDUINO
                                                                Io stesso,
 e di Odoardo e di Metilde in seno,
 ad immerger il ferro.
855Andiam.
 RICCARDO
                    Mio re, se hai la tua vita a cuore,
 non t’inoltrar.
 EDUINO
                             Chi puote
 a’ miei disegni opporsi?
 RICCARDO
                                               Entro la reggia
 a favor di Odoardo
 veglia ciascun. Potresti,
860dove cerchi vendetta, incontrar morte.
 EDUINO
 O ciel! Tanto si avvanza...
 RICCARDO
 Non giova inutilmente
 il tempo e l’ire consumar. Sospendi
 l’impeto giusto ed in miglior soggiorno
865matura le vendette.
 Ne’ tetti miei l’avrai sicuro.
 EDUINO
                                                     Andiamo.
 Al tuo zelo, al tuo affetto
 confido il mio riposo.
 RICCARDO
 Ti assicuro difese.
 EDUINO
                                    Ed io le accetto.
 
870   Vivo ancora; e nel mio sdegno
 ancora, o perfidi, vi punirò.
 
    Son monarca; e nel mio regno,
 entro al sangue e in mezzo al pianto,
 su le porpore del manto
875miglior grana io spargerò.
 
 Il fine dell’atto secondo