Alessandro in Sidone (Zeno e Pariati), Venezia, Pasquali, 1744

 SCENA IV
 
 FENICIA e ADDOLONIMO
 
 FENICIA
 Addolonimo, è tempo
105che a te parli ’l tuo cor. Tempo è che rieda
 a quella man degli avi tuoi lo scettro.
 ADDOLONIMO
 La figlia di Straton, che lo reggea
 e che reggerlo può, fa questi voti?
 FENICIA
 Dall’ira di Alessandro
110sperar non so tal dono.
 ADDOLONIMO
 Donde, o bella, il pensier di mia grandezza?
 FENICIA
 Donde? Dal dover mio.
 (Sapesse almen che il mio dovere è amore).
 ADDOLONIMO
 Serba al tuo genitore
115fede miglior. Spera per lui. Chi seppe
 usurpar la corona a un regio erede,
 impetrarla saprà da un suo nimico.
 FENICIA
 Del regno a te usurpato
 men reo parmi Straton, se a te si rende.
 ADDOLONIMO
120Sprezza il regnar chi un maggior ben desia.
 (Potessi dir ch’ella è il sol ben ch’io bramo).
 FENICIA
 Qual ben maggior di un trono?
 ADDOLONIMO
 (Quasi dissi Fenicia). Il mio riposo.
 FENICIA
 Eh, va’. Scuoti il letargo,
125onde Crate addormenta
 il tuo spirto regal. Togli alla sorte
 ciò che al sangue si dee. Giusto è Alessandro.
 Sol che tu voglia, il nostro re tu sei.