Odoardo, Venezia, Albrizzi, 1698

 SCENA XV
 
 METILDE e poi RICCARDO
 
 METILDE
 La mia rival si è dichiarata alfine.
 Ecco perché l’ingrato
 sprezza il mio amor. Che far degg’io? D’entrambi
 vendicarmi negletta...
780Ma si può di chi s’ama
 nel più ardente furor prender vendetta?
 RICCARDO
 Che più si teme, o principessa? Il cielo
 decise a pro del regno; e ’l fier tiranno
 nel primo de la pugna impeto è morto.
 METILDE
785È morto il re?
 RICCARDO
                             Già stanchi
 lo permisero i numi.
 Londra n’esulta e impaziente chiede
 il suo caro Odoardo, il suo monarca.
 Ma che vegg’io? Tu impallidisci? Ah forse
790egli perì?
 METILDE
                     Ti disinganna. Ei vive;
 ma indegno è de la vita
 ch’io gli serbai, che tu gli cerchi, ingrato
 ad entrambi e infedele.
 RICCARDO
                                              Egli?
 METILDE
                                                          Io l’amava.
 Mi sprezzò. Per Gismonda
795ei tutto avvampa e a te l’amor ne invola.
 RICCARDO
 Che ascolto?
 METILDE
                          Or vanne, il traditor difendi,
 l’armi impugna; te stesso
 metti a rischio per lui. Questa, o Riccardo,
 questa fia la mercede
800che un amico e un’amante
 serberà a’ tuoi perigli e a la tua fede.
 
    Son tutta sdegno; (A Riccardo)
 (son tutta amor). (A parte)
 
    Vo’ vendicarmi;
805(ma ne ho timor).
 
    Do mano a l’armi;
 (ma non ho cuor).