Alessandro in Sidone (Zeno e Pariati), Vienna, van Ghelen, 1721

 SCENA IV
 
 FENICIA e CRATE
 
 FENICIA
 Con sì lieto sembiante
930di Aristippo le ingiurie ascolti e soffri?
 CRATE
 Ciò che il foco al metal, fan l’onte al saggio.
 FENICIA
 Molto e’ disse in tua offesa.
 CRATE
 Euticrate, Nicodromo e tanti altri
 mi fecer peggio. E Crate ognor fu Crate.
 FENICIA
935Tu però le sferzate
 con usura ben grande a lui rendesti.
 CRATE
 Intendo. Il cor ti duole,
 perché fu punto il tuo gentil maestro.
 FENICIA
 (Or di coglierlo è tempo).
 CRATE
940Lo so, lo so; ti parla
 in pro del suo saper la sua bellezza.
 Da voi sempre si apprezza
 quella filosofia ch’entra per gli occhi.
 FENICIA
 T’inganni. Io non decido
945degli occhi miei col voto;
 e in Aristippo i suoi difetti io veggo.
 CRATE
 Perché dunque lo segui?
 FENICIA
 Noi sai? Loda una stella
 chi la luce del sole ancor non vide.
 CRATE
950(Bella è Fenicia). E quando il sol poi vede?
 FENICIA
 Più la stella non guarda e lui sol mira.
 CRATE
 (Bel colpo! se al nemico e a sue dottrine
 toglier costei potessi).
 FENICIA
 (Già cade). Povertà meglio che lusso,
955modestia più che fasto amo nel saggio.
 O fosse Crate il mio maestro! O ’l fosse!
 CRATE
 (Colpo più bel, se l’innamoro!) In Crate
 che di amabil ritrovi e che di buono?
 FENICIA
 Tutto. Aspetto virile,
960aria grave, cor grande e ciò che degno
 di Fenicia può farlo e più del regno.
 CRATE
 Di regno non parliam. Fenicia sola
 vincer mi può. Sì, o bella. In certi istanti
 ai filosofi ancora amor comanda.
 FENICIA
965E sotto a le sue leggi
 rozza filosofia gentil si rende.
 CRATE
 Crate, se vuoi, fia tuo maestro. (È bella).
 FENICIA
 E se vuol compiacermi, ei fia mio sposo.
 CRATE
 Compiacerti? (O begli occhi!) Or di’, che vuoi?
 FENICIA
970Cotesti tuoi laceri ammanti e troppo
 sordidi arnesi e vili
 di Fenicia a l’amor fann’onta e scorno.
 CRATE
 Veder vorresti un Ganimede in Crate?
 FENICIA
 No, ma più colto agli occhi altrui lo bramo
975per discolpar i miei.
 CRATE
 Io questo pallio e questo sacco apprezzo...
 FENICIA
 Più di Fenicia. Dillo.
 CRATE
 No, cara. (È bella assai!) No, ma conviene
 a la cinica setta il vestir mio.
 FENICIA
980Non parlo più. Cinica setta, addio. (In atto di partire)
 CRATE
 Ferma. (Avvampo d’amor). Di me, che il mondo,
 Diogene che diria?
 FENICIA
 Dove Diogene parla, io non rispondo. (Di nuovo in atto di partire)
 CRATE
 Deh! Non partir. (Son colto). Onde poss’io
985altri abiti trovar? Povero sono.
 FENICIA
 Qui trattienti per poco e per mio cenno
 tosto gli avrai, poi con Fenicia il trono.
 CRATE
 Abbia il trono Aristippo. Io te sol cerco.
 FENICIA
 Mi avrai ma teco in soglio.
990E il superbo rivale, il vano amante
 vedrà Crate mio sposo o suo regnante.
 
    Nel tuo volto... (l’ho ben colto)
 d’uno sposo io veggo il brio
 e di un re... (rider mi fa)
995e di un re... (non posso più)
 la sovrana maestà.
 
    E già sento nel cor mio
 il poter... (di tua pazzia),
 il poter di tua virtù
1000e il piacer... (che frenesia!)
 e il piacer di tua beltà.