Alessandro in Sidone (Zeno e Pariati), Vienna, van Ghelen, 1721

 SCENA II
 
 FENICIA e i suddetti
 
 CRATE
45Il fermarti al suo arrivo
 è gloria o pur virtù? Veggiamlo un poco.
 Guardati. Tu sei paglia; e quella è foco.
 FENICIA
 Io son foco? Perché?
 CRATE
                                        La paglia il dica.
 FENICIA
 Più chiaro a me rispondi.
 CRATE
50Foco, foco voi siete. Una scintilla,
 che in cuor d’uom troppo incauto abbia ricetto,
 fa grande incendio. Al mio però non giugne
 né giugnerà l’ardor. Virtude è questa. (Ad Addolonimo. Volta con disprezzo le spalle a Fenicia)
 NILO
 Non farebbe così da testa a testa. (Ad Addolonimo)
 FENICIA
55Tanto è nociva a l’uom nostra bellezza?
 CRATE
 Quanto il vischio agli uccelli e l’amo ai pesci.
 FENICIA
 Questa troppo incivile
 rozza filosofia, che amor condanna,
 d’un uom fa un tronco, anzi che un savio. Ai cori
60meno rigide leggi,
 filosofo gentil, detta Aristippo.
 CRATE
 Quegli è gentil. Lo so. Velen, che piace,
 par grato cibo. Il tuo Aristippo insegna
 ciò che a lui già insegnaro il lusso e il fasto.
 FENICIA
65Ma con Socrate ei parla.
 CRATE
 Forse a que’ giorni era men vano il sesso.
 ADDOLONIMO
 E con Socrate ei vuole
 che ancor dai savi amar si debba il bello.
 CRATE
 Io no. Per tutto il bel non spenderei
70pur una sol filosofal parola.
 NILO
 Non ti diria così da solo a sola. (A Fenicia)